riempito di plastica e di OGM

king Saudi ARabia — se tu fossi Dio, tu distruggeresti un bene solo perché questo bene è relativo? poi, non avreti fatto le creature, perché le creture sono limitate e possono fare soltanto un bene relativo! Quindi tu come Dio sei coerente e intelligente e buono, poi, tu sosterrai ogni progetto buono anche se realtivo.
Quanto può essere grande il tuo amore elevato universale il tuo ideale? Quella è la tua eredità, cioè il tuo livello di comunione con Dio per l’eternità!
Ecco perché sono nate le regioni, cioè da un sentimento positivo, da una idea di bontà! Quindi Dio darà il paradisso terreste a qualcuno che come te e i testimoni di Geova non riescono a concepire un qualcosa di superiore al paradiso terrestre, poi, esistono i paradisi celesti ed addirittura esiste la natura di divina che è il Trono stesso di Dio.. ma, ovviamente tu andrai all’inferno, certamente, perché, tu sei un maligno assassino, infatti, tu non hai il carattere di satana, che è il buon senso che gira non sulla LEGGE NATURALE, ma, su un principio dogmatico schizofrenico! .. ed il carattere di Dio è la fiustizia e la bontà! .. quindi Dio ha fatto il mondo, ma voi farisei salafiti, lo volete perfezionare per averci riempito di plastica, e di OGM.

king Saudi ARabia — l’amore non mi impedisce di uccidere gli assassini, perché il mio amore, per le loro vittime è maggiore! Per i familiari delle vittime innocenti delle mafie Venerdì il Papa incontra «Libera». 15 marzo 2014. Il prossimo 21 marzo Papa Francesco incontra «Libera», la fondazione di don Luigi Ciotti che riunisce oltre 1.500 associazioni e organismi impegnati nella lotta alle mafie e nella promozione della cultura della legalità. L’appuntamento è per venerdì pomeriggio, alle 17.30, nella chiesa parrocchiale romana di san Gregorio vii, a due passi dal Vaticano. Il Pontefice presiederà la veglia di preghiera dedicata ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, alla vigilia della diciannovesima «Giornata della memoria e dell’impegno», che si svolgerà poi a Latina, sabato 22. Settecento persone, in rappresentanza di circa quindicimila uomini e donne che hanno perduto un loro caro per mano della violenza mafiosa, accompagnati dai volontari di Libera, parteciperanno all’incontro con il vescovo di Roma. «Per i familiari delle vittime innocenti delle mafie l’incontro con Papa Francesco è un dono, ha detto don Ciotti, e la sua disponibilità è segno di un’attenzione e di una sensibilità che loro hanno colto sin dal primo momento».

Peres: Abu Mazen ipocrita, sharia imperialismo, vero partner per pace di Boko Haram nel califfato mondiale .. fino al punto che, se muore un cristiano o un ebreo per lui è meglio, lui non vede i 300 cristiani dhimmi martiri che vengono uccisi ogni giorno! Tutti coloro parlano di Sharia hanno le mani macchiatre di sangue, ed ovviamente styanno complttando contro Israle!
“Uomo di principi si oppone a violenza e terrore”
17 marzo, Peres: Abu Mazen vero partner per pace TEL AVIV, Abu Mazen e’ ”un vero partner per la pace”. Lo ha detto il presidente israeliano Shimon Peres nel giorno dell’incontro tra il leader dell’Anp e Barack Obama a Washington. ”Un uomo di principi che si oppone – ha aggiunto Peres – alla violenza e al terrore”.”Siamo – ha proseguito Peres parlando ad un incontro con gli attivisti delle organizzazioni dei diritti – ad un punto molto critico dei negoziati e dobbiamo fare tutto quello in nostro potere per assicurarci che essi continuino”.

ABUJA. ma per la LEGA ARABA non è grave, anzi è buono che la sharia si afferma nel mondo sotto egida ONU UE USA! I miliziani di Boko Haram hanno attaccato ieri la caserma, militare di Maiduguri, la capitale dello Stato nordorientale di Borno, in Nigeria, liberando decine di estremisti islamici. La notizia è stata riferita da fonti militari locali, le quali hanno sottolineato che quello contro la caserma di Giwa (nota proprio perché vi sono rinchiusi numerosi estremisti islamici) è stato un assalto compiuto con armi pesanti, cui hanno preso parte numerosi guerriglieri. Alcuni testimoni, citati dall’agenzia Agi, hanno riferito che alcuni dei guerriglieri avevano in particolare grandi quantità di granate che sono state poi lanciate contro la prigione. Prima di arrivare alla caserma, i miliziani hanno attraversato alcuni quartieri della città aprendo il fuoco contro i civili e appiccando il fuoco a diverse abitazioni. Arrivati al penitenziario, i guerriglieri hanno usato l’esplosivo per penetrare nel compound. Dalla vicina università gli studenti hanno sentito diverse deflagrazioni nonché il continuo crepitare di armi da fuoco. Proprio ieri l’organizzazione Human Rights Watch aveva lanciato l’allarme sottolineando che nel 2014 Boko Haram ha già compiuto oltre quaranta attacchi che hanno provocato circa settecento morti. La regione nordorientale della Nigeria è quella più pesantemente colpita, tanto che dal maggio scorso nell’area è in vigore lo stato d’emergenza, ovvero da quando le forze armate locali hanno lanciato un’offensiva su vasta scala per tentare di piegare la resistenza dei miliziani. Si stima poi che a causa delle perduranti violenze circa trecentomila persone abbiano dovuto lasciare le proprie abitazioni. Sempre Human Rights Watch ha chiesto ieri al Governo di Abuja un maggior impegno per dare concreto aiuto a quelle persone che sono più colpite da queste violenze. Nigeria: attacco a 3 villaggi, 100 morti. Freddati nel sonno, uccisi a colpi di machete o bruciati vivi. 16 marzo, Nigeria: attacco a 3 villaggi, 100 morti (ANSA) – KANO, 16 MAR – Tre villaggi nella Nigeria centrale, sono stati attaccati da una quarantina di uomini armati di fucili e machete che hanno sterminato cento persone. Le autorità locali raccontano di una strage a Angwan Gata, Chenshyi e Angwan Sankwai, nello stato di Kaduna. Molti abitanti sono stati freddati nel sonno dentro le loro case. Alcuni sono stati uccisi a colpi di machete, altri bruciati vivi. Gli assalitori hanno rubato del cibo e appiccato il fuoco ai villaggi. Per ora non ci sono rivendicazioni.

Alla vigilia del referendum sulla Crimea l’Onu esamina una risoluzione di condanna Lavrov e Kerry divisi sulla crisi ucraina KIEV. Sei ore di discussione ieri a Londra non sono servite al segretario di Stato americano, John Kerry, e al ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, a trovare un accordo per uscire dalla crisi ucraina. E, alla vigilia del referendum in Crimea per l’annessione alla Russia, i due negoziatori hanno tenuto conferenze stampa separate. Per la consultazione la comunità internazionale minaccia sanzioni, oggi il Consiglio di sicurezza dell’Onu vota una risoluzione sull’Ucraina che definisce illegale il referendum in Crimea, mentre già si sta surriscaldando l’Ucraina orientale: oggi si sono avuti altri due morti negli scontri tra nazionalisti e russofoni a Kharkiv. Nell’incontro con i giornalisti Lavrov ha riferito che i colloqui con Kerry sono stati utili per migliorare la reciproca comprensione ma ha ammesso che non c’è una visione comune tra Russia e Stati Uniti. Il capo della diplomazia del Cremlino ha inoltre confermato la decisione di Mosca di rispettare il risultato del referendum, che lo stesso Putin, in una telefonata ieri sera con il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha definito «conforme ai principi del diritto internazionale e della Carta dell’Onu». Lavrov ha anche ammonito che le sanzioni sarebbero controproducenti e ha escluso che Mosca abbia o possa avere piani di invasione del sud-est ucraino, ridimensionando così le dichiarazioni del suo ministero che poche ore prima aveva ribadito «il diritto di intervenire per difendere i propri connazionali». Colloqui franchi e costruttivi anche per Kerry, che tuttavia ha preannunciato sanzioni contro Mosca se si terrà un referendum “illegittimo” che la comunità internazionale non riconoscerà. Quanto al leader del Cremlino, «Lavrov ha detto chiaramente che il presidente Putin non prenderà decisioni sull’Ucraina se non dopo il referendum di domenica», ha riferito Kerry. Anche lui, come Obama, continua comunque a sperare in una soluzione diplomatica della crisi. Ma le sanzioni sono dietro l’angolo: lunedì i ministri degli Esteri della Ue saranno pronti a dare il via libera, mentre la parte politica dell’accordo di associazione e libero scambio tra Ucraina e Ue sarà firmata il 21 marzo prossimo, nel corso del vertice europeo. Lo ha annunciato oggi il premier ucraino, Arseni Iatseniuk. In un video diffuso dalle televisioni locali, il premier ucraino, rientrato da una missione in Europa e negli Stati Uniti, ha affermato di aver avuto un incontro con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. «Siamo d’accordo, ha spiegato Iatseniuk, sul fatto che la parte politica dell’accordo di associazione tra Ucraina e Unione europea debba essere firmata durante il vertice del 21 marzo, la parte economica sarà invece siglata più avanti». La mancata firma dell’accordo di associazione con l’Ue a fine novembre ha fatto scoppiare la rivolta antigovernativa che ha portato nel giro di tre mesi alla destituzione dell’ex presidente ucraino, Viktor Ianukovich. Su alcuni media stranieri girano già i nomi di una trentina di persone dell’entourage di Putin che potrebbero vedersi congelare beni, conti e visti: dirigenti del Cremlino, ministri, capi militari e dei servizi segreti, oligarchi. Putin minaccia risposte simmetriche ma intanto deve fare i conti con l’altalena della sua Borsa, che a metà giornata aveva perso sino al cinque per cento per i timori di sanzioni (per poi chiudere a -0,89 per cento). I listini, proprio per i timori sull’Ucraina, sono però in rosso un p0′ ovunque. Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004. Copia. €1,00 Copia arretrata €2,00 L’OSSERVATORE ROMANO. GIORNALE QUOTIDIANO. Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIV n. 62 (46.604) Città del Vaticano domenica 16 marzo 2014.nOSTRE INFORMAZIONI

DAMASCO. I ribelli perdono una delle principali roccaforti L’esercito siriano espugna la città di Yabrud Yabrud, una delle ultime roccaforti dei ribelli nell’area di Qalamun, al confine con il Libano, è stata espugnata dall’esercito siriano. Si tratta di una svolta nell’evoluzione del conflitto: gli uomini di Assad stanno guadagnando terreno mentre il fronte della ribellione appare sempre più disgregato, anche se continua a mantenere significative postazioni. «I ribelli, riferisce una fonte militare, sono in fuga verso Rankus e se continua così il completo controllo dell’area di Yabrud la battaglia intorno a Yabrud sono coinvolti anche i miliziani di Hezbollah, il movimento sciita libanese, membro del Governo di Beirut. E oggi, a tre anni da quello che è considerato l’inizio “ufficiale” del conflitto civile, il 15 marzo 2011, ma in realtà scontri e tensioni erano esplosi anche nel 2010 l’Onu ha rilanciato l’appello per una soluzione diplomatica delle ostilità. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha inviato un messaggio a Stati Uniti e Russia, in quanto parti che hanno dato il via ai negoziati della conferenza di pace detta Ginevra 2, affinché vengano riprese le trattative per stabilire un Governo di transizione in Siria. «Non c’è alternativa a un dialogo politico» ha detto Ban Ki-moon, parlando ai giornalisti al Palazzo di Vetro. Nel frattempo, la situazione sul campo resta drammatica. Dopo lunghi mesi di terrore per il continuo bombardamento di mortai, gli abitanti di Damasco sono tornati da alcune settimane a una «vita apparentemente normale». In molte zone della capitale, dicono fonti di stampa, si è arrivati a una tregua di fatto. «I beni di prima necessità sono tornati nei mercati anche se è tutto molto caro; si ha meno paura di uscire durante il giorno e il traffico è tornato quasi normale» ha detto un testimone locale all’agenzia Ansa. Diversa è la situazione ad Aleppo, metropoli del nord, un tempo città più popolosa della Siria e storico crocevia del Medio Oriente. Dal 2012 è divisa in due: la parte orientale, solidale con la rivolta e quotidianamente esposta ai bombardamenti aerei del regime, e una sacca occidentale controllata dalle forze del presidente Assad, divisa dal resto di Aleppo da una cortina di posti di blocco.

UCRAINA. La Crimea sceglie la Russia, i sì sono al 95% Obama contro Putin su validità referendum. Premier: ‘Lunedì chiediamo l’annessione’. Oltre un milione di filorussi ha votato per l’adesione nel referendum. Migliaia in piazza a Sebastopoli per la vittoria dei sì Crimea, festeggiamenti in piazza Crimea, festeggiamenti in piazza. Presidente russo: “Consultazione conforme al diritto internazionale”. Il 21 marzo il Parlamento russo esaminerà la legge sull’annessione delle terre straniere. Renzi: ‘Situazione grave, il diritto internazionale va difeso

BAGHDAD. violenze nella provincia di Al Anbar Iraq senza pace Sangue nel territorio iracheno, che continua a essere ostaggio delle violenze. Ieri diciotto persone sono morte in seguito a un attentato suicida compiuto nella turbolenta provincia di Al Anbar. L’attentatore, alla guida di una vettura carica di esplosivo, si è fatto saltare in aria nella città di Rawah. Tra le vittime figurano sei soldati. Successivamente si è appreso che due bambini sono morti, e altri quattro sono rimasti feriti, per un colpo di mortaio caduto su un campo di calcio dove stavano giocando: il campo di calcio si trova a Ramadi, capoluogo della provincia di Al Anbar. Non si sa chi abbia sparato il colpo di mortaio, ma è da rilevare che in passato simili attacchi diretti contro campi di calcio affollati di giovani sono stati imputati ai guerriglieri Al Qaeda che proprio recentemente sono tornati a colpire la provincia con attacchi e imboscate.

Libia: Marina Usa prende controllo tanker nordcoreano. Aveva caricato illegalmente petrolio da ex ribelli 17 marzo, Kim Jong-un Libia: Marina Usa prende controllo tanker nordcoreano Le forze Navy Seals della Marina americana hanno preso il controllo della petroliera nordcoreana Morning Glory che trasportava greggio – caricato illegalmente da ex ribelli- di proprietà della compagnia nazionale petrolifera libica. Lo ha reso noto il Pentagono, sottolineando che nessuno è rimasto ferito. Lo riporta il sito della Cnn.

India, soluzione politica per diplomatica. Chiesta agli Stati Uniti per il caso di Devyani Khobragade. 17 marzo, India,soluzione politica per diplomatica NEW DELHI – Il ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid ha chiesto agli Stati Uniti una ”soluzione politica” per il caso, da lui definito ”estremamente irritante”, della diplomatica indiana Devyani Khobragade, accusata di aver falsificato documentazione riguardante la sua domestica, incriminata, prosciolta, e sabato nuovamente incriminata. Lo scrive l’agenzia di stampa Pti.La vice-console indiana e’ stata arrestata il 12 dicembre a New York con modalita’ che hanno mandato su tutte le furie il governo indiano.

Tibet: 2 immolazioni memoria repressioni: Nel Sichuan e nel Qinghai. 17 marzo, Tibet: 2 immolazioni memoria repressioni (ANSA) – SHANGHAI, Due monaci tibetani si sono immolati ieri nell’anniversario di un’ondata di repressioni da parte delle autorità cinesi. Il primo monaco a perire tra le fiamme è stato Lobsang Palden, 20 anni, del monastero di Kirti, al centro di numerosi episodi di protesta, nella provincia del Sichuan, prefettura tibetana autonoma di Ngaba. Un altro monaco, del quale non si conoscono le generalità, si è invece dato fuoco nella contea di Tsekhog, nella provincia del Qinghai, prefettura tibetana di Malho

Anche Australia cerca aereo sparito. l’aereo deve essere cercato sulla terra ferma! Sydney responsabile ricerche Oceano Indiano sud: 17 marzo, Anche Australia cerca aereo sparito (ANSA) – SYDNEY, 17 MAR – L’Australia è stata incaricata del controllo delle ricerche nell’Oceano Indiano meridionale del Boeing 777 delle Malaysian Airlines scomparso da nove giorni, dopo che gli investigatori hanno rivelato che qualcuno ha trasmesso “buona notte” dalla cabina di pilotaggio dopo che erano stati spenti i sistemi di tracking dell’aereo. Lo ha confermato in Parlamento il premier Tony Abbott, precisando che il Paese ha impegnato ulteriori risorse alle operazioni.

Il Cile chiede scusa ai mapuche SANTIAGO. Il governatore della regione cilena meridionale di La Araucanía, Francisco Huenchumilla, una delle autorità locali nominate dalla nuova presidente, Michelle Bachelet, ha chiesto scusa, a nome del
Governo, al popolo indigeno dei mapuche. A La Araucanía, dove abita la stragrande maggioranza dei mapuche, da anni le comunità locali soffrono le conseguenze della massiccia e devastante presenza delle grandi aziende agricole e forestali, a cui si oppongono con atti di boicottaggio, e continuano a reclamare, inascoltate, la restituzione delle loro terre. «Lo Stato ha per oltre 130 anni promosso politiche che non sono riuscite a togliere questa regione dalla povertà» ha dichiarato Huenchumilla alla stampa.

PARIGI. L’ex capitano della guardia presidenziale rwandese, Pascal Simbikangwa, è stato condannato ieri dalla giustizia francese a 25 anni di reclusione, per le sue responsabilità nel genocidio nel Paese africano. Simbikangwa, 54 anni, dal 1986 costretto su una sedia a rotelle perché paraplegico, è stato riconosciuto colpevole di genocidio e crimini contro l’umanità. La sentenza è arrivata dopo oltre 12 ore di camera di consiglio, al termine di un processo da molti analisti definito storico, il primo, in Francia, legato al dramma rwandese. Dal 6 aprile del 1994 fino alla metà di luglio dello stesso anno, circa un milione di persone, soprattutto di etnia tutsi, maggioranza del Paese centroafricano, vennero massacrate sistematicamente dalla minoranza hutu, che voleva preservare il proprio potere. Uno dei più sanguinosi, episodi della storia del XX
secolo. L’accusa aveva chiesto per l’ex capitano una condanna all’ergastolo. Simbikangwa è stato descritto dalla Corte d’assise di Parigi come un «genocida negazionista» accusato, in particolare, di avere armato e fornito istruzioni alle milizie che avevano chiuso la capitale Kigali, dove furono sterminati i tutsi. La difesa ha sempre chiesto il proscioglimento dell’imputato, denunciando testimonianze fragili e un processo esclusivamente di natura politica.

KHARTOUM. ribelli avanzano nel nord. Combattimenti nel Darfur. Un gruppo ribelle ha annunciato ieri la conquista di una cittadina nel nord del Darfur, poche
ore prima dello scadere di un ultimatum posto dal Governo del Sudan
per il ritiro dall’area. Lo hanno reso noto fonti di stampa concordanti nel
Paese africano. Secondo il quotidiano «Sudan Tribune», ad annunciare la presa di
Mellit, circa ottanta chilometri a nord del capoluogo regionale di El Fasher,
è stato un portavoce dell’Esercito di liberazione sudanese, guidato da
Minni Minnawi. Il giornale ha precisato che la cittadina è caduta nelle
mani dei ribelli dopo violenti scontri a fuoco con i militari. Combattimenti
che hanno causato un numero imprecisato di morti e feriti. Poco prima, era scaduto un ultimatum posto dal Governo di Khartoum alle forze di Minnawi perché abbandonino quattro località conquistate nelle ultime settimane sempre nel nord del Darfur. Nella stessa regione operano le milizie di Musa Hilal, già comandante dei famigerati janjaweed (miliziani filogovernativi impegnati nella guerra civile nel Darfur), alleati di Khartoum, entrati ora in rotta di collisione con l’Esecutivo sudanese. I janjaweed di Hilal sarebbero ora presenti in massa nella zona di Saraf Umra, epicentro di un aspro conflitto tra comunità rivali per il controllo di alcune miniere d’oro. Secondo fonti delle Nazioni Unite, i violenti combattimenti in corso sia nel nord che nel sud del Darfur hanno costretto in poche settimane circa 50.000 persone a lasciare le loro case e a fuggire.

BANGUI
, 15. La Francia ha dichiarato ieri che l’operazione militare
dell’Unione europea prevista per
la prossima settimana nella Repubblica Centroafricana «non
avrà luogo per la mancanza di
soldati». Il ministro degli Esteri,
Laurent Fabius, e quello della Difesa, Jean-Yves Le Drian, hanno
sottolineato che se non si farà uno
sforzo supplementare l’op erazione,
che viene ritenuta «indispensabile», non potrà essere condotta.
L’Unione europea si era infatti
impegnata il mese scorso a inviare
a Bangui fra i cento e i mille soldati per aiutare le truppe francesi
sul territorio. Tuttavia le trattative
sembrano ancora in corso senza
che si intraveda la possibilità di
una decisione concreta. il capo della diplomazia francese ha affermato al riguardo che l’Unione europea «deve ora assumersi le sue
responsabilità». La situazione nella Repubblica Centroafricana è
del resto molto critica. Il Paese è
lacerato dai continui scontri fra i
ribelli musulmani Seleka e le milizie anti-Balaka. Si stima che
nell’arco dell’ultimo anno siano
state uccise migliaia di persone e
che circa un quarto della popolazione sia stata costretta a fuggire
per sottrarsi alle sanguinose violenze. Intanto l’Onu ha denuncia-
to che la maggior parte dei rifugiati della Repubblica Centroafricana rischiano di morire. Molti di
questi rifugiati si trovano in Camerun

CARACAS  presidente Maduro respinge le condizioni dell’opposizione per il dialogo. Non si fermano le proteste in Venezuela. Gli studenti antichavisti hanno convocato una nuova manifestazione domani a Caracas e in altre città del Venezuela per protestare contro “la repressione brutale” delle mobilitazioni che si susseguono da oltre un mese. Le proteste hanno l’appoggio dell’opp osizione,
con la quale hanno fissato una serie di condizioni per partecipare alla
conferenza per la pace lanciata dal presidente, Nicolás Maduro. «Domenica tutti in piazza per dire no alla violenza, alla repressione, all’ingerenza cubana: dobbiamo unirci a questo grande movimento popolare lanciato dagli studenti», ha dichiarato la deputata antichavista María Corina Machado, secondo la quale la «repressione senza precedenti» delle proteste «ha fatto cadere la maschera democratica di questo regime». Da parte sua, l’ex candidato presidenziale antichavista Henrique Capriles ha spiegato che la coalizione di opposizione (Mud) ha posto una serie di condizioni per accettare di partecipare al dialogo con il Governo. La prima condizione posta del Mud è la liberazione di Leopoldo López, dirigente del partito Volontà Popolare attualmente rinchiuso in un carcere militare, accusato di associazione per delinquere e istigazione della violenza di piazza. Ma immediata è stata la risposta del presidente Maduro che è stato chiaro: «Non accetto condizioni da loro e da nessuno, se vogliono anche loro la pace che vengano a parlare». Il capo dello Stato venezuelano è poi tornato ad affermare che la serie di proteste che si susseguono nel suo Paese da oltre un mese nascondono in realtà un tentativo di colpo di Stato, sottolineando che «è evidente che gli Stati Uniti hanno assunto apertamente la leadership dell’abbattimento del Governo del Venezuela». L’Amministrazione statunitense «in questo momento è ostaggio delle politiche delle lobby dei repubblicani e della destra di Miami», ha detto Maduro in una conferenza stampa, secondo il quale l’obbiettivo delle manifestazioni antichaviste è la destabilizzazione del Paese per favorire un intervento militare degli Stati Uniti. L’erede di Chávez ha dichiarato che «tutti casi di persone morte, assassinate» durante le proteste antichaviste nel suo Paese «sono imputabili alla violenza delle barricate erette dai manifestanti sulla via pubblica». In questa difficile crisi, dove, dall’inizio di febbraio, durante le manifestazioni antigovernative a Caracas e in altre città, si sono registrati almeno 28 morti, il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, si è detto ieri disponibile a svolgere un ruolo di mediatore nel confinante Venezuela.

Sei soldati uccisi in un attacco a nord del Cairo, IL CAIRO. se non condannano la Sharia, come pensano di poter fermare il terrorismo? Sei militari egiziani
sono stati uccisi da uomini armati a un posto di blocco nella zona di Shubra Al Khayma, alla periferia nord del Cairo. I militanti hanno anche piazzato sul posto dell’agguato due ordigni che sono stati disinnescati. Due giorni fa un soldato era stato ucciso in un attacco contro un autobus dell’esercito nella parte orientale della capitale egiziana. Il portavoce delle forze armate
egiziane, Ahmed Mohamed Ali, ha accusato, sulla sua pagina Facebook, «un gruppo armato dei Fratelli musulmani» di essere l’autore dell’attentato avvenuto questa
mattina a un posto di blocco nella regione del Delta del Nilo, a nord del Cairo. Quest’ultimo episodio di violenza si aggiunge ai nuovi scontri tra sostenitori dei Fratelli musulmani e forze dell’ordine esplosi ieri in diverse città del Paese provocando almeno due morti e decine di feriti. Numerosi anche gli arresti fra i sostenitori dell’ex presidente, Mohammed Mursi, che giovedì avevano indetto una nuova settimana di proteste contro le autorità militari che hanno messo al bando la fratellanza. Gli scontri stanno dunque insanguinando le strade mentre il Paese attende che la Commissione elettorale comunichi la data delle prossime elezioni presidenziali e fissi i termini per presentare le candidature. In un’intervista al quotidiano «Al Ahram» il presidente egiziano ad interim, Adly Mansour, si è detto però ieri «ottimista» sul futuro dell’Egitto sostenendo che «gli ostacoli saranno sup erati». Ma le manifestazioni non si fermano anche se il quotidiano «Al Ahram» ha parlato di incidenti limitati e isolati al Cairo e ad Alessandria

NEW YORK. i mostri dell’Islam, la distruzione della civiltà. Onu estende di un anno la missione Unsmil Tripoli resta instabile. In una Libia ancora
instabile e in balia dei gruppi armati, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità una risoluzione che estende di un anno il mandato della missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil). I caschi blu rimarranno sul territorio fino al 13 marzo 2015. Il documento approvato sostiene la creazione tempestiva di un dialogo nazionale inclusivo in Libia, e del processo di stesura della Costituzione. Inoltre, si ribadisce la necessità che il processo di transizione sia sostenuto dall’impegno a rispettare lo stato di diritto, la riconciliazione nazionale, i diritti umani e le libertà fondamentali di tutte le persone nel Paese, e si invita il Governo libico a promuovere e tutelare i diritti fondamentali della popolazione rispettando gli obblighi derivanti dal diritto internazionale. Intanto, l’ambasciatore libico al Cairo, Fayez Gibril, ha informato l’assistente del ministro degli Esteri egiziani per gli affari consolari, l’ambasciatore Ali El Ashiri, che decine di egiziani sono stati arrestati ieri in Libia per controlli. Ashiri ha aggiunto che i cittadini egiziani fermati stanno bene e che il ministero del Cairo sta intensificando tutti gli sforzi per la loro liberazione

ISLAMABAD. Sangue a Peshawar e a Quetta, Pakistan ostaggio delle violenze. Il Pakistan continua a essere segnato dalle violenze mentre le autorità di Islamabad sono impegnate, da giorni, in negoziati con una delegazione di miliziani nel tentativo di uscire dalla crisi. Il futuro del Paese si gioca su
questo doppio fronte: da un lato la controffensiva delle forze di Islamabad per cercare di arginare gli attacchi talebani, dall’altro l’azione diplomatica per trovare una soluzione negoziata a una situazione che rischia di degenerare con il passare del tempo. In questo contesto pesa, e molto, l’inaffidabilità dell’interlocutore: i talebani nello stesso tempo compiono attacchi e si siedono, sia pure dopo laboriose trattative, al tavolo delle trattative, E anche ieri si sono registrate violenze. Un attentatore suicida si è fatto saltare in aria a Peshawar, provocando la morte di nove persone: circa quaranta i feriti. L’attentatore si è lanciato contro un convoglio di forze di sicurezza, hanno riferito fonti locali. Sangue anche nella città di Quetta. Una bicicletta imbottita con dieci chilogrammi di esplosivo è deflagrata uccidendo dieci persone e ferendone trentuno. A fronte di questi continui attacchi, il primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, ha ribadito che gli sforzi diretti a favorire il dialogo con i talebani non devono venire meno: il premier si dice infatti consapevole che il processo di riconciliazione nel territorio avrebbe fiato corto se non coinvolgesse in modo attivo l’elemento talebano. Nello stesso tempo la linea politica di Sharif poggia sulla convinzione che per rilanciare il ruolo del Pakistan come interlocutore affidabile e credibile in politica estera è
necessario che il Paese dimostri di essere in grado di gestire in modo
efficace la presenza talebana. Per quanto concerne l’Afghanistan, si segnala l’impegno dell’Italia per la causa del Paese anche, dopo il 2014, ovvero quando sarà stato completato il ritiro del contingente internazionale. Tale impegno è stato ribadito ieri dall’ambasciatore d’Italia in Afghanistan, Luciano Pezzotti, durante un incontro con il governatore della provincia occidentale di Herat, Sayed Fazlollah Wahedi. Il diplomatico ha confermato che l’Italia continuerà la sua assistenza alla popolazione e alle istituzioni anche dopo la fine della missione della Nato nel Paese. Dal canto suo il governatore della provincia di Herat ha espresso grande apprezzamento per l’opera svolta dai militari italiani.

Il Boeing malese e l’ipotesi del dirottamento KUALA LUMPUR. La Malaysia ha sospeso le operazioni di ricerca del Boeing 777-200 della Malaysia Airlines, scomparso (con 239 persone a bordo, fra cui 151 cinesi) dai radar otto
giorni fa, due ore dopo la partenza da Kuala Lumpur alla volta di Pechino. Ad annunciare la fine delle operazioni è stato oggi il premier Najib Razak, che ha dichiarato: «Mettiamo fine alle nostre operazioni nel Mar Cinese Meridionale e riesaminiamo il dispiegamento delle nostre forze». Intanto si affollano le ipotesi circa il destino dell’aereo: una ridda di teorie che non fanno che infittire un mistero creatosi subito dopo la scomparsa del Boeing. Citati
dal «Times», in un articolo in prima pagina nei giorni scorsi,
alcuni esperti hanno ammesso di non sapersi spiegare come
mai un aereo dotato della più avanzata tecnologia «sia riuscito» a fare perdere ogni traccia di sé. Autorità malesi, citate dalle
agenzie internazionali, hanno detto che sta prendendo corpo
l’ipotesi del dirottamento. Hanno quindi aggiunto che l’aereo (questa notizia era stata smentita in un primo momento)
avrebbe continuato a volare per circa sei ore dopo essere scomparso dai segnali radar. Questa mattina il premier della Malaysia, durante una conferenza
stampa, oltre a ribadire l’ipotesi del dirottamento, ha tenuto a precisare che anche altre possibilità restano aperte. Al riguardo ha dichiarato: «Malgrado le notizie di stampa secondo cui l’aereo sarebbe stato dirottato, voglio essere molto chiaro sul fatto che stiamo ancora indagando su ogni possibilità per
stabilire che cosa sia stato a fare deviare il volo dalla sua rotta
originaria»

In Pakistan nuovo processo. per Asia Bibi LAHORE. Con un’udienza davanti all’Alta corte di Lahore, il secondo grado di giudizio, lunedì 17 marzo si riaprirà il processo ad Asia Bibi, donna pakistana e madre di cinque figli, cristiana protestante, arrestata il 19 giugno 2009 e condannata a morte l’11 novembre 2010 da un tribunale di primo grado in base
alla legge sulla blasfemia. Un’udienza sul caso era stata
programmata nel febbraio scorso, ma era stata poi rinviata. La
donna, che si è sempre dichiarata innocente e che si trova attualmente nel carcere di Multan (in Punjab), non sarà presente
all’udienza per motivi di sicurezza, secondo quanto riferisce Fides. L’avvocato cristiano Naeem Shakir, nota personalità nel campo della difesa dei diritti umani, premiato dal Governo pakistano nel 2012 con lo Human Rights Defender Award, afferma di essere «fiducioso sull’andamento del processo e sulla liberazione della donna». Il caso di Asia Bibi ha avviato nel Paese un dibattito per la modifica della legge
sulla blasfemia.

Venticinquemila copie in due settimane. L’«Evangelii gaudium»
best seller in Corea DAEJEON. L’annuncio della visita pastorale di Papa Francesco in Corea del Sud (14-18 agosto) ha suscitato grande interesse anche da parte dei coreani non cristiani, che hanno scelto l’Evangelii gaudium come”strumento” per comprendere meglio il Pontefice e la Chiesa cattolica. La pubblicazione della prima esortazione apostolica di Papa Francesco in coreano, riferisce AsiaNews, è avvenuta due settimane fa: da allora ha venduto venticinquemila copie. Un vero record considerato il fatto che solitamente, spiegano fonti locali, le vendite di documenti papali non superano i quattromila esemplari. «I cristiani, cattolici ma anche protestanti e anglicani, sono venuti in massa per comprare il libro. Anche i non cristiani hanno iniziato a leggerlo», spiega una suora che lavora in una libreria cattolica. L’annuncio della visita di Francesco in Corea «ha fatto impennare le vendite». L’esortazione è vista «come una lettera che parla di cose attuali e spiega con un linguaggio normale come vivere bene». Secondo il giornale cattolico «Hankook», diversi sono i fattori che spiegano il successo editoriale
della Evangelii gaudium. Da una parte c’è il linguaggio semplice e amichevole del Papa, dall’altra la forte critica alla disuguaglianza sociale, tema molto sentito nel Paese. In Corea del Sud, spiega il giornale, «questa disuguaglianza si sente non solo dal punto di vista economico, ma anche e soprattutto dal punto di vista spirituale». Per approfondire il testo, l’università Seo-kang a Seoul, gestita dai gesuiti, ha organizzato un simposio dal tema «L’Evangelii gaudium e la Chiesa di Corea». All’evento hanno preso parte, tra gli altri, il vescovo di Cheju e presidente della Conferenza episcopale coreana, Peter Kang U-il, padre Park Dongho, presidente della commissione giustizia e pace dell’arcidio cesi di Seoul, e padre gesuita Park Sanghoon. Nel frattempo la Chiesa in Corea ha istituito una speciale commissione, formata da vescovi, religiosi e laici, responsabile dell’organizzazione della visita di Papa Francesco e con il compito di curarne tutti gli aspetti, da quelli spirituali a quelli logistici. Per l’evento, riferisce Fides, la Chiesa sta ricevendo il pieno supporto dal Governo che con un apposito comitato sta collaborando e aiutando la commissione ecclesiale. Sono due i momenti più attesi del viaggio del Papa: il primo è l’Asian Youth Day, che sta registrando un boom di adesioni (la giornata, che si terrà a Daejeon dal 10 al 17 agosto, accoglierà giovani di ventinove Paesi); il secondo, la beatificazione dei martiri coreani.

Monsignor Galantino ai funerali del prete ucciso in Calabria Segno di una Chiesa profetica. io non aiuto i preti, e le persone della religione, di ogni religione.. perché sono loro che devono aiutare gli altri.. però, quando sono perseguitati e martirizzati devono essere valorizzati! COSENZA. «Il martirio di padre Lazzaro ci dice che nella Chiesa, almeno in alcuni suoi membri, non necessariamente in vista e da copertina, l’amore per Cristo e per il Vangelo è capace di provocare gesti significativi di accoglienza ed è capace di essere davvero una Chiesa profetica». Lo ha detto questa mattina il vescovo di Cassano all’Jonio, Nunzio Galantino,
segretario generale ad interim della Conferenza episcopale italiana, durante i funerali di padre Lazzaro Longobardi, il religioso ucciso a colpi di spranga la sera del 2 marzo scorso a Sibari. Per monsignor Galantino, riferisce il Sir, il «martirio di padre Lazzaro è un dono ma è anche un compito per la nostra Chiesa. Un dono che il Signore ci ha fatto attraverso una persona della quale forse qualcuno di noi, anche sacerdoti, non conosceva nemmeno il timbro della voce, tanto padre Lazzaro era riservato». La sua morte dice che «la nostra Chiesa e il nostro territorio hanno le energie necessarie e possono contare su una religiosità straordinaria, capaci di ridare vita e di far germogliare speranza. Abbiamo solo bisogno di lasciare più spazio allo Spirito di Dio e meno spazio alla nostra pigrizia; abbiamo bisogno di lasciare più spazio all’intraprendenza della Parola di Dio

In dialogo con le religioni tradizionali africane. Il viaggio del cardinale Tauran in Benin. 15 marzo 2014. Vedere, ascoltare, capire e incoraggiare. Sono queste le quattro motivazioni principali della visita che il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha compiuto nella Repubblica del Benin dal 2 al 5 marzo. Nei quattro giorni trascorsi nel Paese africano il porporato ha potuto constatare le numerose dimostrazioni di buona volontà da parte dei vescovi e delle autorità governative, ma anche dei rappresentanti delle diverse religioni, in particolare da parte degli adepti del vudu e dei musulmani.
I presuli beninesi, in particolare, hanno tenuto a condividere con il cardinale il loro impegno pastorale tra quanti seguono la religione tradizionale e quanti si sono convertiti al cristianesimo. Da parte loro, il presidente della Repubblica e i suoi ministri gli hanno riferito le loro preoccupazioni e i loro sforzi per promuovere l’armonia e l’integrazione nazionale nel quadro della presenza delle diverse credenze religiose e delle componenti della società beninese. Il cardinale ha ascoltato attentamente i praticanti vudu e i musulmani, che gli hanno parlato anche delle loro difficoltà nella promozione di un’armonia interreligiosa. Proprio per comprendere meglio la realtà religiosa, sociale e culturale del Benin, il porporato ha incontrato i professori e i formatori dei seminari maggiori del Paese, i quali hanno cercato di spiegare la religione vudu per identificare il «vero» e il «santo» (cfr Nostra aetate, n. 2) presenti nella religione tradizionale africana, e anche il difficile compito di promuovere l’inculturazione. Il cardinale Tauran ha potuto constatare gli effetti positivi della pace e dell’armonia che regnano nel Paese. E ha indicato con quattro parole gli atteggiamenti che devono presiedere i rapporti tra le religioni: rispettare, sapere, amare, capire. La visita alla Porta della salvezza e alla basilica dell’Immacolata Concezione, così come quella al luogo di sepoltura dei primi missionari e alla tomba del cardinale Gantin, è stata un’importante occasione per rendere omaggio a quanti hanno trasmesso la fede cattolica in Benin. Durante la celebrazione della messa del mercoledì delle Ceneri nel seminario di San Gallo a Ouidah, il porporato ha incoraggiato i seminaristi a capire la natura della loro vocazione al sacerdozio, e di conseguenza l’importanza fondamentale della loro formazione nel seminario. Il presidente del dicastero ha anche incontrato alcuni rappresentanti della Commissione per il dialogo interreligioso delle Conferenze episcopali dei Paesi dell’Africa occidentale e ha ascoltato i resoconti delle attività interreligiose in Benin, in Costa d’Avorio, in Guinea, in Senegal e nel Togo. È stata l’occasione per ringraziare coloro che in quei Paesi si fanno promotori del dialogo. La visita ha così acquisito grande valore nel quadro della promozione del dialogo con la religione tradizionale africana. Il vudu è, in questo Paese, la migliore espressione strutturata della religione tradizionale africana. È profondamente radicato, correttamente identificato e ha numerosi adepti. Si è inoltre diffuso a livello internazionale, al di là delle coste africane, nella regione dei Caraibi, in particolare ad Haiti e nei Paesi vicini. Per questi motivi, la Chiesa, nello spirito del concilio Vaticano ii, non deve trascurare i rapporti con i praticanti vudu.
In questa prospettiva, il Pontificio Consiglio potrebbe in futuro incoraggiare un programma di collaborazione tra le Conferenze episcopali del Benin e di Haiti, per approfondire la conoscenza del vudu e trarre profitto dai valori spirituali profondi di questa religione nella prospettiva di un’inculturazione cristiana.
Chidi Denis Isizoh Officiale del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.

Obama rivede le politiche migratorie. Annunciate nuove norme in tema di espulsioni e di regolarizzazione. coloro che sono sfuggiti ai commerciati di organi umani, meritano di vivere! 15 marzo 2014. Basta con le espulsioni di massa, basta con i trattamenti disumani, basta con le drammatiche separazioni dei figli di immigrati irregolari dai loro genitori. La Casa Bianca annuncia nuove regole sull’immigrazione. Al termine di un incontro, ieri, alla Casa Bianca con i leader del Congressional Hispanic Caucus (il gruppo che riunisce i parlamentari statunitensi di origine ispanica), il presidente Barack Obama ha parlato di una «forte revisione» delle pratiche seguite sinora dalla sua Amministrazione, considerata una delle più dure in tema di espulsioni. Da tempo sono in molti a sottolineare le inefficienze del sistema migratorio statunitense. Un sistema, dicono i media internazionali, che spesso è stato oggetto di critiche, in particolare sul trattamento dei ragazzi giunti negli Stati Uniti attraverso canali irregolari, e oggi integrati, o sulle espulsioni. Obama ha chiesto ai suoi tecnici del Homeland Security Department di studiare, riferisce il comunicato della Casa Bianca, una sorta di revisione delle circolari che regolano il fenomeno migratorio per cercare di apportare qualche miglioria.

Meglio tardi che mai. Fmi scopre i rischi dell’austerity. 14 marzo 2014. L’austerity imposta da molti Governi per fare fronte alla crisi finanziaria sta inevitabilmente aumentando le diseguaglianze sociali. È dunque ora che si cominci a disegnare le misure di aggiustamento dei bilanci in maniera che non continuino a colpire solo o prevalentemente le classi più deboli. Una donna rovista tra i rifiuti ad Atene È un campanello d’allarme chiaro, e anche un appello ai Governi ancora alle prese con problemi di finanze pubbliche, quello che il Fondo monetario internazionale ha lanciato ieri in un rapporto sulle diseguaglianze. Sottolineando come un eccessivo rigore che aumenti le disparità di reddito rischia non solo di aumentare le tensioni sociali, ma anche di tramutarsi in un boomerang a danno della crescita dell’economia. Nella loro analisi gli esperti del Fondo fanno dunque il punto sulle politiche di rigore adottate un po’ ovunque in Europa e oltreoceano. Politiche che a dire il vero lo stesso Fondo monetario ha, nel corso degli ultimi anni, sostenuto e condiviso. E ha anche imposto ad alcuni Paesi in gravi difficoltà finanziarie, come il Portogallo o la Grecia, dove manifestazioni popolari contro gli organismi internazionali sono all’ordine del giorno. Visti i seri rischi connessi alle politiche di austerity, sembrano suggerire gli esperti dell’Fmi, un ripensamento si impone

Solidarietà dialogo e riconciliazione. Riunione dei vescovi greco-cattolici in Siria. 15 marzo 2014. «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Si apre con le parole prese dell’incipit della Gaudium et spes il documento conclusivo della riunione dell’assemblea della gerarchia cattolica in Siria, tenutasi mercoledì scorso nella residenza patriarcale di Raboué, in Libano. Nel documento finale i vescovi greco-cattolici chiedono in conclusione a tutti i siriani di «lavorare con ogni mezzo, a livello locale, regionale e internazionale per il cessate-il-fuoco, l’apertura al dialogo, la riconciliazione e la ricostruzione».

Il racket delle spose per forza. è un prgetto di genocidio della LEGA ARABA sotto egida ONU Bildenberg. Aumentano in Egitto rapimenti e conversioni all’islam delle giovani cristiane 14 marzo 2014. Negli ultimi tre anni oltre cinquecento ragazze cristiane sono state rapite in Egitto da uomini musulmani e costrette alla conversione e al matrimonio, spesso dopo aver subito violenza. La notizia è stata diffusa nei giorni scorsi dalla fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) che ha rilanciato la denuncia di un’organizzazione egiziana, l’Associazione per le vittime di rapimenti e sparizioni forzate (Avaed). Quest’ultima garantisce alle vittime e alle loro famiglie assistenza medica, psicologica e legale. In Egitto, si sottolinea nel comunicato dell’Acs, i rapimenti di giovani copte non rappresentano affatto una novità: già durante la presidenza di Anwar el-Sadat (1970-1981) si registrarono diversi episodi, ma dopo la caduta di Hosni Mubarak, all’inizio del 2011, il numero di casi è aumentato in modo esponenziale. «Prima della rivoluzione sparivano quattro o cinque ragazze al mese, spiega Ebram Louis, fondatore dell’Avaed, oggi la media è di quindici». Peraltro, è quasi impossibile fornire stime esatte poiché spesso i crimini e gli aggressori non vengono né riferiti né denunciati.

riempito di plastica e di OGM

king Saudi ARabia — se tu fossi Dio, tu distruggeresti un bene solo perché questo bene è relativo? poi, non avreti fatto le creature, perché le creture sono limitate e possono fare soltanto un bene relativo! Quindi tu come Dio sei coerente e intelligente e buono, poi, tu sosterrai ogni progetto buono anche se realtivo.
Quanto può essere grande il tuo amore elevato universale il tuo ideale? Quella è la tua eredità, cioè il tuo livello di comunione con Dio per l\’eternità!
Ecco perché sono nate le regioni, cioè da un sentimento positivo, da una idea di bontà! Quindi Dio darà il paradisso terreste a qualcuno che come te e i testimoni di Geova non riescono a concepire un qualcosa di superiore al paradiso terrestre, poi, esistono i paradisi celesti ed addirittura esiste la natura di divina che è il Trono stesso di Dio.. ma, ovviamente tu andrai all\’inferno, certamente, perché, tu sei un maligno assassino, infatti, tu non hai il carattere di satana, che è il buon senso che gira non sulla LEGGE NATURALE, ma, su un principio dogmatico schizofrenico! .. ed il carattere di Dio è la fiustizia e la bontà! .. quindi Dio ha fatto il mondo, ma voi farisei salafiti, lo volete perfezionare per averci riempito di plastica, e di OGM.

king Saudi ARabia — l\’amore non mi impedisce di uccidere gli assassini, perché il mio amore, per le loro vittime è maggiore! Per i familiari delle vittime innocenti delle mafie Venerdì il Papa incontra «Libera». 15 marzo 2014. Il prossimo 21 marzo Papa Francesco incontra «Libera», la fondazione di don Luigi Ciotti che riunisce oltre 1.500 associazioni e organismi impegnati nella lotta alle mafie e nella promozione della cultura della legalità. L\’appuntamento è per venerdì pomeriggio, alle 17.30, nella chiesa parrocchiale romana di san Gregorio vii, a due passi dal Vaticano. Il Pontefice presiederà la veglia di preghiera dedicata ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, alla vigilia della diciannovesima «Giornata della memoria e dell\’impegno», che si svolgerà poi a Latina, sabato 22. Settecento persone, in rappresentanza di circa quindicimila uomini e donne che hanno perduto un loro caro per mano della violenza mafiosa, accompagnati dai volontari di Libera, parteciperanno all\’incontro con il vescovo di Roma. «Per i familiari delle vittime innocenti delle mafie l\’incontro con Papa Francesco è un dono, ha detto don Ciotti, e la sua disponibilità è segno di un\’attenzione e di una sensibilità che loro hanno colto sin dal primo momento».

Peres: Abu Mazen ipocrita, sharia imperialismo, vero partner per pace di Boko Haram nel califfato mondiale .. fino al punto che, se muore un cristiano o un ebreo per lui è meglio, lui non vede i 300 cristiani dhimmi martiri che vengono uccisi ogni giorno! Tutti coloro parlano di Sharia hanno le mani macchiatre di sangue, ed ovviamente styanno complttando contro Israle!
\”Uomo di principi si oppone a violenza e terrore\”
17 marzo, Peres: Abu Mazen vero partner per pace TEL AVIV, Abu Mazen e\’ \’\’un vero partner per la pace\’\’. Lo ha detto il presidente israeliano Shimon Peres nel giorno dell\’incontro tra il leader dell\’Anp e Barack Obama a Washington. \’\’Un uomo di principi che si oppone – ha aggiunto Peres – alla violenza e al terrore\’\’.\’\’Siamo – ha proseguito Peres parlando ad un incontro con gli attivisti delle organizzazioni dei diritti – ad un punto molto critico dei negoziati e dobbiamo fare tutto quello in nostro potere per assicurarci che essi continuino\”.

ABUJA. ma per la LEGA ARABA non è grave, anzi è buono che la sharia si afferma nel mondo sotto egida ONU UE USA! I miliziani di Boko Haram hanno attaccato ieri la caserma, militare di Maiduguri, la capitale dello Stato nordorientale di Borno, in Nigeria, liberando decine di estremisti islamici. La notizia è stata riferita da fonti militari locali, le quali hanno sottolineato che quello contro la caserma di Giwa (nota proprio perché vi sono rinchiusi numerosi estremisti islamici) è stato un assalto compiuto con armi pesanti, cui hanno preso parte numerosi guerriglieri. Alcuni testimoni, citati dall\’agenzia Agi, hanno riferito che alcuni dei guerriglieri avevano in particolare grandi quantità di granate che sono state poi lanciate contro la prigione. Prima di arrivare alla caserma, i miliziani hanno attraversato alcuni quartieri della città aprendo il fuoco contro i civili e appiccando il fuoco a diverse abitazioni. Arrivati al penitenziario, i guerriglieri hanno usato l\’esplosivo per penetrare nel compound. Dalla vicina università gli studenti hanno sentito diverse deflagrazioni nonché il continuo crepitare di armi da fuoco. Proprio ieri l\’organizzazione Human Rights Watch aveva lanciato l\’allarme sottolineando che nel 2014 Boko Haram ha già compiuto oltre quaranta attacchi che hanno provocato circa settecento morti. La regione nordorientale della Nigeria è quella più pesantemente colpita, tanto che dal maggio scorso nell\’area è in vigore lo stato d\’emergenza, ovvero da quando le forze armate locali hanno lanciato un\’offensiva su vasta scala per tentare di piegare la resistenza dei miliziani. Si stima poi che a causa delle perduranti violenze circa trecentomila persone abbiano dovuto lasciare le proprie abitazioni. Sempre Human Rights Watch ha chiesto ieri al Governo di Abuja un maggior impegno per dare concreto aiuto a quelle persone che sono più colpite da queste violenze. Nigeria: attacco a 3 villaggi, 100 morti. Freddati nel sonno, uccisi a colpi di machete o bruciati vivi. 16 marzo, Nigeria: attacco a 3 villaggi, 100 morti (ANSA) – KANO, 16 MAR – Tre villaggi nella Nigeria centrale, sono stati attaccati da una quarantina di uomini armati di fucili e machete che hanno sterminato cento persone. Le autorità locali raccontano di una strage a Angwan Gata, Chenshyi e Angwan Sankwai, nello stato di Kaduna. Molti abitanti sono stati freddati nel sonno dentro le loro case. Alcuni sono stati uccisi a colpi di machete, altri bruciati vivi. Gli assalitori hanno rubato del cibo e appiccato il fuoco ai villaggi. Per ora non ci sono rivendicazioni.

Alla vigilia del referendum sulla Crimea l\’Onu esamina una risoluzione di condanna Lavrov e Kerry divisi sulla crisi ucraina KIEV. Sei ore di discussione ieri a Londra non sono servite al segretario di Stato americano, John Kerry, e al ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, a trovare un accordo per uscire dalla crisi ucraina. E, alla vigilia del referendum in Crimea per l\’annessione alla Russia, i due negoziatori hanno tenuto conferenze stampa separate. Per la consultazione la comunità internazionale minaccia sanzioni, oggi il Consiglio di sicurezza dell\’Onu vota una risoluzione sull\’Ucraina che definisce illegale il referendum in Crimea, mentre già si sta surriscaldando l\’Ucraina orientale: oggi si sono avuti altri due morti negli scontri tra nazionalisti e russofoni a Kharkiv. Nell\’incontro con i giornalisti Lavrov ha riferito che i colloqui con Kerry sono stati utili per migliorare la reciproca comprensione ma ha ammesso che non c\’è una visione comune tra Russia e Stati Uniti. Il capo della diplomazia del Cremlino ha inoltre confermato la decisione di Mosca di rispettare il risultato del referendum, che lo stesso Putin, in una telefonata ieri sera con il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha definito «conforme ai principi del diritto internazionale e della Carta dell\’Onu». Lavrov ha anche ammonito che le sanzioni sarebbero controproducenti e ha escluso che Mosca abbia o possa avere piani di invasione del sud-est ucraino, ridimensionando così le dichiarazioni del suo ministero che poche ore prima aveva ribadito «il diritto di intervenire per difendere i propri connazionali». Colloqui franchi e costruttivi anche per Kerry, che tuttavia ha preannunciato sanzioni contro Mosca se si terrà un referendum \”illegittimo\” che la comunità internazionale non riconoscerà. Quanto al leader del Cremlino, «Lavrov ha detto chiaramente che il presidente Putin non prenderà decisioni sull\’Ucraina se non dopo il referendum di domenica», ha riferito Kerry. Anche lui, come Obama, continua comunque a sperare in una soluzione diplomatica della crisi. Ma le sanzioni sono dietro l\’angolo: lunedì i ministri degli Esteri della Ue saranno pronti a dare il via libera, mentre la parte politica dell\’accordo di associazione e libero scambio tra Ucraina e Ue sarà firmata il 21 marzo prossimo, nel corso del vertice europeo. Lo ha annunciato oggi il premier ucraino, Arseni Iatseniuk. In un video diffuso dalle televisioni locali, il premier ucraino, rientrato da una missione in Europa e negli Stati Uniti, ha affermato di aver avuto un incontro con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. «Siamo d\’accordo, ha spiegato Iatseniuk, sul fatto che la parte politica dell\’accordo di associazione tra Ucraina e Unione europea debba essere firmata durante il vertice del 21 marzo, la parte economica sarà invece siglata più avanti». La mancata firma dell\’accordo di associazione con l\’Ue a fine novembre ha fatto scoppiare la rivolta antigovernativa che ha portato nel giro di tre mesi alla destituzione dell\’ex presidente ucraino, Viktor Ianukovich. Su alcuni media stranieri girano già i nomi di una trentina di persone dell\’entourage di Putin che potrebbero vedersi congelare beni, conti e visti: dirigenti del Cremlino, ministri, capi militari e dei servizi segreti, oligarchi. Putin minaccia risposte simmetriche ma intanto deve fare i conti con l\’altalena della sua Borsa, che a metà giornata aveva perso sino al cinque per cento per i timori di sanzioni (per poi chiudere a -0,89 per cento). I listini, proprio per i timori sull\’Ucraina, sono però in rosso un p0\’ ovunque. Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004. Copia. €1,00 Copia arretrata €2,00 L\’OSSERVATORE ROMANO. GIORNALE QUOTIDIANO. Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIV n. 62 (46.604) Città del Vaticano domenica 16 marzo 2014.nOSTRE INFORMAZIONI

DAMASCO. I ribelli perdono una delle principali roccaforti L\’esercito siriano espugna la città di Yabrud Yabrud, una delle ultime roccaforti dei ribelli nell\’area di Qalamun, al confine con il Libano, è stata espugnata dall\’esercito siriano. Si tratta di una svolta nell\’evoluzione del conflitto: gli uomini di Assad stanno guadagnando terreno mentre il fronte della ribellione appare sempre più disgregato, anche se continua a mantenere significative postazioni. «I ribelli, riferisce una fonte militare, sono in fuga verso Rankus e se continua così il completo controllo dell\’area di Yabrud la battaglia intorno a Yabrud sono coinvolti anche i miliziani di Hezbollah, il movimento sciita libanese, membro del Governo di Beirut. E oggi, a tre anni da quello che è considerato l\’inizio \”ufficiale\” del conflitto civile, il 15 marzo 2011, ma in realtà scontri e tensioni erano esplosi anche nel 2010 l\’Onu ha rilanciato l\’appello per una soluzione diplomatica delle ostilità. Il segretario generale dell\’Onu, Ban Ki-moon, ha inviato un messaggio a Stati Uniti e Russia, in quanto parti che hanno dato il via ai negoziati della conferenza di pace detta Ginevra 2, affinché vengano riprese le trattative per stabilire un Governo di transizione in Siria. «Non c\’è alternativa a un dialogo politico» ha detto Ban Ki-moon, parlando ai giornalisti al Palazzo di Vetro. Nel frattempo, la situazione sul campo resta drammatica. Dopo lunghi mesi di terrore per il continuo bombardamento di mortai, gli abitanti di Damasco sono tornati da alcune settimane a una «vita apparentemente normale». In molte zone della capitale, dicono fonti di stampa, si è arrivati a una tregua di fatto. «I beni di prima necessità sono tornati nei mercati anche se è tutto molto caro; si ha meno paura di uscire durante il giorno e il traffico è tornato quasi normale» ha detto un testimone locale all\’agenzia Ansa. Diversa è la situazione ad Aleppo, metropoli del nord, un tempo città più popolosa della Siria e storico crocevia del Medio Oriente. Dal 2012 è divisa in due: la parte orientale, solidale con la rivolta e quotidianamente esposta ai bombardamenti aerei del regime, e una sacca occidentale controllata dalle forze del presidente Assad, divisa dal resto di Aleppo da una cortina di posti di blocco.

UCRAINA. La Crimea sceglie la Russia, i sì sono al 95% Obama contro Putin su validità referendum. Premier: \’Lunedì chiediamo l\’annessione\’. Oltre un milione di filorussi ha votato per l\’adesione nel referendum. Migliaia in piazza a Sebastopoli per la vittoria dei sì Crimea, festeggiamenti in piazza Crimea, festeggiamenti in piazza. Presidente russo: \”Consultazione conforme al diritto internazionale\”. Il 21 marzo il Parlamento russo esaminerà la legge sull\’annessione delle terre straniere. Renzi: \’Situazione grave, il diritto internazionale va difeso

BAGHDAD. violenze nella provincia di Al Anbar Iraq senza pace Sangue nel territorio iracheno, che continua a essere ostaggio delle violenze. Ieri diciotto persone sono morte in seguito a un attentato suicida compiuto nella turbolenta provincia di Al Anbar. L\’attentatore, alla guida di una vettura carica di esplosivo, si è fatto saltare in aria nella città di Rawah. Tra le vittime figurano sei soldati. Successivamente si è appreso che due bambini sono morti, e altri quattro sono rimasti feriti, per un colpo di mortaio caduto su un campo di calcio dove stavano giocando: il campo di calcio si trova a Ramadi, capoluogo della provincia di Al Anbar. Non si sa chi abbia sparato il colpo di mortaio, ma è da rilevare che in passato simili attacchi diretti contro campi di calcio affollati di giovani sono stati imputati ai guerriglieri Al Qaeda che proprio recentemente sono tornati a colpire la provincia con attacchi e imboscate.

Libia: Marina Usa prende controllo tanker nordcoreano. Aveva caricato illegalmente petrolio da ex ribelli 17 marzo, Kim Jong-un Libia: Marina Usa prende controllo tanker nordcoreano Le forze Navy Seals della Marina americana hanno preso il controllo della petroliera nordcoreana Morning Glory che trasportava greggio – caricato illegalmente da ex ribelli- di proprietà della compagnia nazionale petrolifera libica. Lo ha reso noto il Pentagono, sottolineando che nessuno è rimasto ferito. Lo riporta il sito della Cnn.

India, soluzione politica per diplomatica. Chiesta agli Stati Uniti per il caso di Devyani Khobragade. 17 marzo, India,soluzione politica per diplomatica NEW DELHI – Il ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid ha chiesto agli Stati Uniti una \’\’soluzione politica\’\’ per il caso, da lui definito \’\’estremamente irritante\’\’, della diplomatica indiana Devyani Khobragade, accusata di aver falsificato documentazione riguardante la sua domestica, incriminata, prosciolta, e sabato nuovamente incriminata. Lo scrive l\’agenzia di stampa Pti.La vice-console indiana e\’ stata arrestata il 12 dicembre a New York con modalita\’ che hanno mandato su tutte le furie il governo indiano.

Tibet: 2 immolazioni memoria repressioni: Nel Sichuan e nel Qinghai. 17 marzo, Tibet: 2 immolazioni memoria repressioni (ANSA) – SHANGHAI, Due monaci tibetani si sono immolati ieri nell\’anniversario di un\’ondata di repressioni da parte delle autorità cinesi. Il primo monaco a perire tra le fiamme è stato Lobsang Palden, 20 anni, del monastero di Kirti, al centro di numerosi episodi di protesta, nella provincia del Sichuan, prefettura tibetana autonoma di Ngaba. Un altro monaco, del quale non si conoscono le generalità, si è invece dato fuoco nella contea di Tsekhog, nella provincia del Qinghai, prefettura tibetana di Malho

Anche Australia cerca aereo sparito. l\’aereo deve essere cercato sulla terra ferma! Sydney responsabile ricerche Oceano Indiano sud: 17 marzo, Anche Australia cerca aereo sparito (ANSA) – SYDNEY, 17 MAR – L\’Australia è stata incaricata del controllo delle ricerche nell\’Oceano Indiano meridionale del Boeing 777 delle Malaysian Airlines scomparso da nove giorni, dopo che gli investigatori hanno rivelato che qualcuno ha trasmesso \”buona notte\” dalla cabina di pilotaggio dopo che erano stati spenti i sistemi di tracking dell\’aereo. Lo ha confermato in Parlamento il premier Tony Abbott, precisando che il Paese ha impegnato ulteriori risorse alle operazioni.

Il Cile chiede scusa ai mapuche SANTIAGO. Il governatore della regione cilena meridionale di La Araucanía, Francisco Huenchumilla, una delle autorità locali nominate dalla nuova presidente, Michelle Bachelet, ha chiesto scusa, a nome del
Governo, al popolo indigeno dei mapuche. A La Araucanía, dove abita la stragrande maggioranza dei mapuche, da anni le comunità locali soffrono le conseguenze della massiccia e devastante presenza delle grandi aziende agricole e forestali, a cui si oppongono con atti di boicottaggio, e continuano a reclamare, inascoltate, la restituzione delle loro terre. «Lo Stato ha per oltre 130 anni promosso politiche che non sono riuscite a togliere questa regione dalla povertà» ha dichiarato Huenchumilla alla stampa.

PARIGI. L\’ex capitano della guardia presidenziale rwandese, Pascal Simbikangwa, è stato condannato ieri dalla giustizia francese a 25 anni di reclusione, per le sue responsabilità nel genocidio nel Paese africano. Simbikangwa, 54 anni, dal 1986 costretto su una sedia a rotelle perché paraplegico, è stato riconosciuto colpevole di genocidio e crimini contro l\’umanità. La sentenza è arrivata dopo oltre 12 ore di camera di consiglio, al termine di un processo da molti analisti definito storico, il primo, in Francia, legato al dramma rwandese. Dal 6 aprile del 1994 fino alla metà di luglio dello stesso anno, circa un milione di persone, soprattutto di etnia tutsi, maggioranza del Paese centroafricano, vennero massacrate sistematicamente dalla minoranza hutu, che voleva preservare il proprio potere. Uno dei più sanguinosi, episodi della storia del XX
secolo. L\’accusa aveva chiesto per l\’ex capitano una condanna all\’ergastolo. Simbikangwa è stato descritto dalla Corte d\’assise di Parigi come un «genocida negazionista» accusato, in particolare, di avere armato e fornito istruzioni alle milizie che avevano chiuso la capitale Kigali, dove furono sterminati i tutsi. La difesa ha sempre chiesto il proscioglimento dell\’imputato, denunciando testimonianze fragili e un processo esclusivamente di natura politica.

KHARTOUM. ribelli avanzano nel nord. Combattimenti nel Darfur. Un gruppo ribelle ha annunciato ieri la conquista di una cittadina nel nord del Darfur, poche
ore prima dello scadere di un ultimatum posto dal Governo del Sudan
per il ritiro dall\’area. Lo hanno reso noto fonti di stampa concordanti nel
Paese africano. Secondo il quotidiano «Sudan Tribune», ad annunciare la presa di
Mellit, circa ottanta chilometri a nord del capoluogo regionale di El Fasher,
è stato un portavoce dell\’Esercito di liberazione sudanese, guidato da
Minni Minnawi. Il giornale ha precisato che la cittadina è caduta nelle
mani dei ribelli dopo violenti scontri a fuoco con i militari. Combattimenti
che hanno causato un numero imprecisato di morti e feriti. Poco prima, era scaduto un ultimatum posto dal Governo di Khartoum alle forze di Minnawi perché abbandonino quattro località conquistate nelle ultime settimane sempre nel nord del Darfur. Nella stessa regione operano le milizie di Musa Hilal, già comandante dei famigerati janjaweed (miliziani filogovernativi impegnati nella guerra civile nel Darfur), alleati di Khartoum, entrati ora in rotta di collisione con l\’Esecutivo sudanese. I janjaweed di Hilal sarebbero ora presenti in massa nella zona di Saraf Umra, epicentro di un aspro conflitto tra comunità rivali per il controllo di alcune miniere d\’oro. Secondo fonti delle Nazioni Unite, i violenti combattimenti in corso sia nel nord che nel sud del Darfur hanno costretto in poche settimane circa 50.000 persone a lasciare le loro case e a fuggire.

BANGUI
, 15. La Francia ha dichiarato ieri che l\’operazione militare
dell\’Unione europea prevista per
la prossima settimana nella Repubblica Centroafricana «non
avrà luogo per la mancanza di
soldati». Il ministro degli Esteri,
Laurent Fabius, e quello della Difesa, Jean-Yves Le Drian, hanno
sottolineato che se non si farà uno
sforzo supplementare l\’op erazione,
che viene ritenuta «indispensabile», non potrà essere condotta.
L\’Unione europea si era infatti
impegnata il mese scorso a inviare
a Bangui fra i cento e i mille soldati per aiutare le truppe francesi
sul territorio. Tuttavia le trattative
sembrano ancora in corso senza
che si intraveda la possibilità di
una decisione concreta. il capo della diplomazia francese ha affermato al riguardo che l\’Unione europea «deve ora assumersi le sue
responsabilità». La situazione nella Repubblica Centroafricana è
del resto molto critica. Il Paese è
lacerato dai continui scontri fra i
ribelli musulmani Seleka e le milizie anti-Balaka. Si stima che
nell\’arco dell\’ultimo anno siano
state uccise migliaia di persone e
che circa un quarto della popolazione sia stata costretta a fuggire
per sottrarsi alle sanguinose violenze. Intanto l\’Onu ha denuncia-
to che la maggior parte dei rifugiati della Repubblica Centroafricana rischiano di morire. Molti di
questi rifugiati si trovano in Camerun

CARACAS  presidente Maduro respinge le condizioni dell\’opposizione per il dialogo. Non si fermano le proteste in Venezuela. Gli studenti antichavisti hanno convocato una nuova manifestazione domani a Caracas e in altre città del Venezuela per protestare contro \”la repressione brutale\” delle mobilitazioni che si susseguono da oltre un mese. Le proteste hanno l\’appoggio dell\’opp osizione,
con la quale hanno fissato una serie di condizioni per partecipare alla
conferenza per la pace lanciata dal presidente, Nicolás Maduro. «Domenica tutti in piazza per dire no alla violenza, alla repressione, all\’ingerenza cubana: dobbiamo unirci a questo grande movimento popolare lanciato dagli studenti», ha dichiarato la deputata antichavista María Corina Machado, secondo la quale la «repressione senza precedenti» delle proteste «ha fatto cadere la maschera democratica di questo regime». Da parte sua, l\’ex candidato presidenziale antichavista Henrique Capriles ha spiegato che la coalizione di opposizione (Mud) ha posto una serie di condizioni per accettare di partecipare al dialogo con il Governo. La prima condizione posta del Mud è la liberazione di Leopoldo López, dirigente del partito Volontà Popolare attualmente rinchiuso in un carcere militare, accusato di associazione per delinquere e istigazione della violenza di piazza. Ma immediata è stata la risposta del presidente Maduro che è stato chiaro: «Non accetto condizioni da loro e da nessuno, se vogliono anche loro la pace che vengano a parlare». Il capo dello Stato venezuelano è poi tornato ad affermare che la serie di proteste che si susseguono nel suo Paese da oltre un mese nascondono in realtà un tentativo di colpo di Stato, sottolineando che «è evidente che gli Stati Uniti hanno assunto apertamente la leadership dell\’abbattimento del Governo del Venezuela». L\’Amministrazione statunitense «in questo momento è ostaggio delle politiche delle lobby dei repubblicani e della destra di Miami», ha detto Maduro in una conferenza stampa, secondo il quale l\’obbiettivo delle manifestazioni antichaviste è la destabilizzazione del Paese per favorire un intervento militare degli Stati Uniti. L\’erede di Chávez ha dichiarato che «tutti casi di persone morte, assassinate» durante le proteste antichaviste nel suo Paese «sono imputabili alla violenza delle barricate erette dai manifestanti sulla via pubblica». In questa difficile crisi, dove, dall\’inizio di febbraio, durante le manifestazioni antigovernative a Caracas e in altre città, si sono registrati almeno 28 morti, il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, si è detto ieri disponibile a svolgere un ruolo di mediatore nel confinante Venezuela.

Sei soldati uccisi in un attacco a nord del Cairo, IL CAIRO. se non condannano la Sharia, come pensano di poter fermare il terrorismo? Sei militari egiziani
sono stati uccisi da uomini armati a un posto di blocco nella zona di Shubra Al Khayma, alla periferia nord del Cairo. I militanti hanno anche piazzato sul posto dell\’agguato due ordigni che sono stati disinnescati. Due giorni fa un soldato era stato ucciso in un attacco contro un autobus dell\’esercito nella parte orientale della capitale egiziana. Il portavoce delle forze armate
egiziane, Ahmed Mohamed Ali, ha accusato, sulla sua pagina Facebook, «un gruppo armato dei Fratelli musulmani» di essere l\’autore dell\’attentato avvenuto questa
mattina a un posto di blocco nella regione del Delta del Nilo, a nord del Cairo. Quest\’ultimo episodio di violenza si aggiunge ai nuovi scontri tra sostenitori dei Fratelli musulmani e forze dell\’ordine esplosi ieri in diverse città del Paese provocando almeno due morti e decine di feriti. Numerosi anche gli arresti fra i sostenitori dell\’ex presidente, Mohammed Mursi, che giovedì avevano indetto una nuova settimana di proteste contro le autorità militari che hanno messo al bando la fratellanza. Gli scontri stanno dunque insanguinando le strade mentre il Paese attende che la Commissione elettorale comunichi la data delle prossime elezioni presidenziali e fissi i termini per presentare le candidature. In un\’intervista al quotidiano «Al Ahram» il presidente egiziano ad interim, Adly Mansour, si è detto però ieri «ottimista» sul futuro dell\’Egitto sostenendo che «gli ostacoli saranno sup erati». Ma le manifestazioni non si fermano anche se il quotidiano «Al Ahram» ha parlato di incidenti limitati e isolati al Cairo e ad Alessandria

NEW YORK. i mostri dell\’Islam, la distruzione della civiltà. Onu estende di un anno la missione Unsmil Tripoli resta instabile. In una Libia ancora
instabile e in balia dei gruppi armati, il Consiglio di Sicurezza dell\’Onu ha approvato all\’unanimità una risoluzione che estende di un anno il mandato della missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil). I caschi blu rimarranno sul territorio fino al 13 marzo 2015. Il documento approvato sostiene la creazione tempestiva di un dialogo nazionale inclusivo in Libia, e del processo di stesura della Costituzione. Inoltre, si ribadisce la necessità che il processo di transizione sia sostenuto dall\’impegno a rispettare lo stato di diritto, la riconciliazione nazionale, i diritti umani e le libertà fondamentali di tutte le persone nel Paese, e si invita il Governo libico a promuovere e tutelare i diritti fondamentali della popolazione rispettando gli obblighi derivanti dal diritto internazionale. Intanto, l\’ambasciatore libico al Cairo, Fayez Gibril, ha informato l\’assistente del ministro degli Esteri egiziani per gli affari consolari, l\’ambasciatore Ali El Ashiri, che decine di egiziani sono stati arrestati ieri in Libia per controlli. Ashiri ha aggiunto che i cittadini egiziani fermati stanno bene e che il ministero del Cairo sta intensificando tutti gli sforzi per la loro liberazione

ISLAMABAD. Sangue a Peshawar e a Quetta, Pakistan ostaggio delle violenze. Il Pakistan continua a essere segnato dalle violenze mentre le autorità di Islamabad sono impegnate, da giorni, in negoziati con una delegazione di miliziani nel tentativo di uscire dalla crisi. Il futuro del Paese si gioca su
questo doppio fronte: da un lato la controffensiva delle forze di Islamabad per cercare di arginare gli attacchi talebani, dall\’altro l\’azione diplomatica per trovare una soluzione negoziata a una situazione che rischia di degenerare con il passare del tempo. In questo contesto pesa, e molto, l\’inaffidabilità dell\’interlocutore: i talebani nello stesso tempo compiono attacchi e si siedono, sia pure dopo laboriose trattative, al tavolo delle trattative, E anche ieri si sono registrate violenze. Un attentatore suicida si è fatto saltare in aria a Peshawar, provocando la morte di nove persone: circa quaranta i feriti. L\’attentatore si è lanciato contro un convoglio di forze di sicurezza, hanno riferito fonti locali. Sangue anche nella città di Quetta. Una bicicletta imbottita con dieci chilogrammi di esplosivo è deflagrata uccidendo dieci persone e ferendone trentuno. A fronte di questi continui attacchi, il primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, ha ribadito che gli sforzi diretti a favorire il dialogo con i talebani non devono venire meno: il premier si dice infatti consapevole che il processo di riconciliazione nel territorio avrebbe fiato corto se non coinvolgesse in modo attivo l\’elemento talebano. Nello stesso tempo la linea politica di Sharif poggia sulla convinzione che per rilanciare il ruolo del Pakistan come interlocutore affidabile e credibile in politica estera è
necessario che il Paese dimostri di essere in grado di gestire in modo
efficace la presenza talebana. Per quanto concerne l\’Afghanistan, si segnala l\’impegno dell\’Italia per la causa del Paese anche, dopo il 2014, ovvero quando sarà stato completato il ritiro del contingente internazionale. Tale impegno è stato ribadito ieri dall\’ambasciatore d\’Italia in Afghanistan, Luciano Pezzotti, durante un incontro con il governatore della provincia occidentale di Herat, Sayed Fazlollah Wahedi. Il diplomatico ha confermato che l\’Italia continuerà la sua assistenza alla popolazione e alle istituzioni anche dopo la fine della missione della Nato nel Paese. Dal canto suo il governatore della provincia di Herat ha espresso grande apprezzamento per l\’opera svolta dai militari italiani.

Il Boeing malese e l\’ipotesi del dirottamento KUALA LUMPUR. La Malaysia ha sospeso le operazioni di ricerca del Boeing 777-200 della Malaysia Airlines, scomparso (con 239 persone a bordo, fra cui 151 cinesi) dai radar otto
giorni fa, due ore dopo la partenza da Kuala Lumpur alla volta di Pechino. Ad annunciare la fine delle operazioni è stato oggi il premier Najib Razak, che ha dichiarato: «Mettiamo fine alle nostre operazioni nel Mar Cinese Meridionale e riesaminiamo il dispiegamento delle nostre forze». Intanto si affollano le ipotesi circa il destino dell\’aereo: una ridda di teorie che non fanno che infittire un mistero creatosi subito dopo la scomparsa del Boeing. Citati
dal «Times», in un articolo in prima pagina nei giorni scorsi,
alcuni esperti hanno ammesso di non sapersi spiegare come
mai un aereo dotato della più avanzata tecnologia «sia riuscito» a fare perdere ogni traccia di sé. Autorità malesi, citate dalle
agenzie internazionali, hanno detto che sta prendendo corpo
l\’ipotesi del dirottamento. Hanno quindi aggiunto che l\’aereo (questa notizia era stata smentita in un primo momento)
avrebbe continuato a volare per circa sei ore dopo essere scomparso dai segnali radar. Questa mattina il premier della Malaysia, durante una conferenza
stampa, oltre a ribadire l\’ipotesi del dirottamento, ha tenuto a precisare che anche altre possibilità restano aperte. Al riguardo ha dichiarato: «Malgrado le notizie di stampa secondo cui l\’aereo sarebbe stato dirottato, voglio essere molto chiaro sul fatto che stiamo ancora indagando su ogni possibilità per
stabilire che cosa sia stato a fare deviare il volo dalla sua rotta
originaria»

In Pakistan nuovo processo. per Asia Bibi LAHORE. Con un\’udienza davanti all\’Alta corte di Lahore, il secondo grado di giudizio, lunedì 17 marzo si riaprirà il processo ad Asia Bibi, donna pakistana e madre di cinque figli, cristiana protestante, arrestata il 19 giugno 2009 e condannata a morte l\’11 novembre 2010 da un tribunale di primo grado in base
alla legge sulla blasfemia. Un\’udienza sul caso era stata
programmata nel febbraio scorso, ma era stata poi rinviata. La
donna, che si è sempre dichiarata innocente e che si trova attualmente nel carcere di Multan (in Punjab), non sarà presente
all\’udienza per motivi di sicurezza, secondo quanto riferisce Fides. L\’avvocato cristiano Naeem Shakir, nota personalità nel campo della difesa dei diritti umani, premiato dal Governo pakistano nel 2012 con lo Human Rights Defender Award, afferma di essere «fiducioso sull\’andamento del processo e sulla liberazione della donna». Il caso di Asia Bibi ha avviato nel Paese un dibattito per la modifica della legge
sulla blasfemia.

Venticinquemila copie in due settimane. L\’«Evangelii gaudium»
best seller in Corea DAEJEON. L\’annuncio della visita pastorale di Papa Francesco in Corea del Sud (14-18 agosto) ha suscitato grande interesse anche da parte dei coreani non cristiani, che hanno scelto l\’Evangelii gaudium come\”strumento\” per comprendere meglio il Pontefice e la Chiesa cattolica. La pubblicazione della prima esortazione apostolica di Papa Francesco in coreano, riferisce AsiaNews, è avvenuta due settimane fa: da allora ha venduto venticinquemila copie. Un vero record considerato il fatto che solitamente, spiegano fonti locali, le vendite di documenti papali non superano i quattromila esemplari. «I cristiani, cattolici ma anche protestanti e anglicani, sono venuti in massa per comprare il libro. Anche i non cristiani hanno iniziato a leggerlo», spiega una suora che lavora in una libreria cattolica. L\’annuncio della visita di Francesco in Corea «ha fatto impennare le vendite». L\’esortazione è vista «come una lettera che parla di cose attuali e spiega con un linguaggio normale come vivere bene». Secondo il giornale cattolico «Hankook», diversi sono i fattori che spiegano il successo editoriale
della Evangelii gaudium. Da una parte c\’è il linguaggio semplice e amichevole del Papa, dall\’altra la forte critica alla disuguaglianza sociale, tema molto sentito nel Paese. In Corea del Sud, spiega il giornale, «questa disuguaglianza si sente non solo dal punto di vista economico, ma anche e soprattutto dal punto di vista spirituale». Per approfondire il testo, l\’università Seo-kang a Seoul, gestita dai gesuiti, ha organizzato un simposio dal tema «L\’Evangelii gaudium e la Chiesa di Corea». All\’evento hanno preso parte, tra gli altri, il vescovo di Cheju e presidente della Conferenza episcopale coreana, Peter Kang U-il, padre Park Dongho, presidente della commissione giustizia e pace dell\’arcidio cesi di Seoul, e padre gesuita Park Sanghoon. Nel frattempo la Chiesa in Corea ha istituito una speciale commissione, formata da vescovi, religiosi e laici, responsabile dell\’organizzazione della visita di Papa Francesco e con il compito di curarne tutti gli aspetti, da quelli spirituali a quelli logistici. Per l\’evento, riferisce Fides, la Chiesa sta ricevendo il pieno supporto dal Governo che con un apposito comitato sta collaborando e aiutando la commissione ecclesiale. Sono due i momenti più attesi del viaggio del Papa: il primo è l\’Asian Youth Day, che sta registrando un boom di adesioni (la giornata, che si terrà a Daejeon dal 10 al 17 agosto, accoglierà giovani di ventinove Paesi); il secondo, la beatificazione dei martiri coreani.

Monsignor Galantino ai funerali del prete ucciso in Calabria Segno di una Chiesa profetica. io non aiuto i preti, e le persone della religione, di ogni religione.. perché sono loro che devono aiutare gli altri.. però, quando sono perseguitati e martirizzati devono essere valorizzati! COSENZA. «Il martirio di padre Lazzaro ci dice che nella Chiesa, almeno in alcuni suoi membri, non necessariamente in vista e da copertina, l\’amore per Cristo e per il Vangelo è capace di provocare gesti significativi di accoglienza ed è capace di essere davvero una Chiesa profetica». Lo ha detto questa mattina il vescovo di Cassano all\’Jonio, Nunzio Galantino,
segretario generale ad interim della Conferenza episcopale italiana, durante i funerali di padre Lazzaro Longobardi, il religioso ucciso a colpi di spranga la sera del 2 marzo scorso a Sibari. Per monsignor Galantino, riferisce il Sir, il «martirio di padre Lazzaro è un dono ma è anche un compito per la nostra Chiesa. Un dono che il Signore ci ha fatto attraverso una persona della quale forse qualcuno di noi, anche sacerdoti, non conosceva nemmeno il timbro della voce, tanto padre Lazzaro era riservato». La sua morte dice che «la nostra Chiesa e il nostro territorio hanno le energie necessarie e possono contare su una religiosità straordinaria, capaci di ridare vita e di far germogliare speranza. Abbiamo solo bisogno di lasciare più spazio allo Spirito di Dio e meno spazio alla nostra pigrizia; abbiamo bisogno di lasciare più spazio all\’intraprendenza della Parola di Dio

In dialogo con le religioni tradizionali africane. Il viaggio del cardinale Tauran in Benin. 15 marzo 2014. Vedere, ascoltare, capire e incoraggiare. Sono queste le quattro motivazioni principali della visita che il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha compiuto nella Repubblica del Benin dal 2 al 5 marzo. Nei quattro giorni trascorsi nel Paese africano il porporato ha potuto constatare le numerose dimostrazioni di buona volontà da parte dei vescovi e delle autorità governative, ma anche dei rappresentanti delle diverse religioni, in particolare da parte degli adepti del vudu e dei musulmani.
I presuli beninesi, in particolare, hanno tenuto a condividere con il cardinale il loro impegno pastorale tra quanti seguono la religione tradizionale e quanti si sono convertiti al cristianesimo. Da parte loro, il presidente della Repubblica e i suoi ministri gli hanno riferito le loro preoccupazioni e i loro sforzi per promuovere l\’armonia e l\’integrazione nazionale nel quadro della presenza delle diverse credenze religiose e delle componenti della società beninese. Il cardinale ha ascoltato attentamente i praticanti vudu e i musulmani, che gli hanno parlato anche delle loro difficoltà nella promozione di un\’armonia interreligiosa. Proprio per comprendere meglio la realtà religiosa, sociale e culturale del Benin, il porporato ha incontrato i professori e i formatori dei seminari maggiori del Paese, i quali hanno cercato di spiegare la religione vudu per identificare il «vero» e il «santo» (cfr Nostra aetate, n. 2) presenti nella religione tradizionale africana, e anche il difficile compito di promuovere l\’inculturazione. Il cardinale Tauran ha potuto constatare gli effetti positivi della pace e dell\’armonia che regnano nel Paese. E ha indicato con quattro parole gli atteggiamenti che devono presiedere i rapporti tra le religioni: rispettare, sapere, amare, capire. La visita alla Porta della salvezza e alla basilica dell\’Immacolata Concezione, così come quella al luogo di sepoltura dei primi missionari e alla tomba del cardinale Gantin, è stata un\’importante occasione per rendere omaggio a quanti hanno trasmesso la fede cattolica in Benin. Durante la celebrazione della messa del mercoledì delle Ceneri nel seminario di San Gallo a Ouidah, il porporato ha incoraggiato i seminaristi a capire la natura della loro vocazione al sacerdozio, e di conseguenza l\’importanza fondamentale della loro formazione nel seminario. Il presidente del dicastero ha anche incontrato alcuni rappresentanti della Commissione per il dialogo interreligioso delle Conferenze episcopali dei Paesi dell\’Africa occidentale e ha ascoltato i resoconti delle attività interreligiose in Benin, in Costa d\’Avorio, in Guinea, in Senegal e nel Togo. È stata l\’occasione per ringraziare coloro che in quei Paesi si fanno promotori del dialogo. La visita ha così acquisito grande valore nel quadro della promozione del dialogo con la religione tradizionale africana. Il vudu è, in questo Paese, la migliore espressione strutturata della religione tradizionale africana. È profondamente radicato, correttamente identificato e ha numerosi adepti. Si è inoltre diffuso a livello internazionale, al di là delle coste africane, nella regione dei Caraibi, in particolare ad Haiti e nei Paesi vicini. Per questi motivi, la Chiesa, nello spirito del concilio Vaticano ii, non deve trascurare i rapporti con i praticanti vudu.
In questa prospettiva, il Pontificio Consiglio potrebbe in futuro incoraggiare un programma di collaborazione tra le Conferenze episcopali del Benin e di Haiti, per approfondire la conoscenza del vudu e trarre profitto dai valori spirituali profondi di questa religione nella prospettiva di un\’inculturazione cristiana.
Chidi Denis Isizoh Officiale del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.

Obama rivede le politiche migratorie. Annunciate nuove norme in tema di espulsioni e di regolarizzazione. coloro che sono sfuggiti ai commerciati di organi umani, meritano di vivere! 15 marzo 2014. Basta con le espulsioni di massa, basta con i trattamenti disumani, basta con le drammatiche separazioni dei figli di immigrati irregolari dai loro genitori. La Casa Bianca annuncia nuove regole sull\’immigrazione. Al termine di un incontro, ieri, alla Casa Bianca con i leader del Congressional Hispanic Caucus (il gruppo che riunisce i parlamentari statunitensi di origine ispanica), il presidente Barack Obama ha parlato di una «forte revisione» delle pratiche seguite sinora dalla sua Amministrazione, considerata una delle più dure in tema di espulsioni. Da tempo sono in molti a sottolineare le inefficienze del sistema migratorio statunitense. Un sistema, dicono i media internazionali, che spesso è stato oggetto di critiche, in particolare sul trattamento dei ragazzi giunti negli Stati Uniti attraverso canali irregolari, e oggi integrati, o sulle espulsioni. Obama ha chiesto ai suoi tecnici del Homeland Security Department di studiare, riferisce il comunicato della Casa Bianca, una sorta di revisione delle circolari che regolano il fenomeno migratorio per cercare di apportare qualche miglioria.

Meglio tardi che mai. Fmi scopre i rischi dell\’austerity. 14 marzo 2014. L\’austerity imposta da molti Governi per fare fronte alla crisi finanziaria sta inevitabilmente aumentando le diseguaglianze sociali. È dunque ora che si cominci a disegnare le misure di aggiustamento dei bilanci in maniera che non continuino a colpire solo o prevalentemente le classi più deboli. Una donna rovista tra i rifiuti ad Atene È un campanello d\’allarme chiaro, e anche un appello ai Governi ancora alle prese con problemi di finanze pubbliche, quello che il Fondo monetario internazionale ha lanciato ieri in un rapporto sulle diseguaglianze. Sottolineando come un eccessivo rigore che aumenti le disparità di reddito rischia non solo di aumentare le tensioni sociali, ma anche di tramutarsi in un boomerang a danno della crescita dell\’economia. Nella loro analisi gli esperti del Fondo fanno dunque il punto sulle politiche di rigore adottate un po\’ ovunque in Europa e oltreoceano. Politiche che a dire il vero lo stesso Fondo monetario ha, nel corso degli ultimi anni, sostenuto e condiviso. E ha anche imposto ad alcuni Paesi in gravi difficoltà finanziarie, come il Portogallo o la Grecia, dove manifestazioni popolari contro gli organismi internazionali sono all\’ordine del giorno. Visti i seri rischi connessi alle politiche di austerity, sembrano suggerire gli esperti dell\’Fmi, un ripensamento si impone

Solidarietà dialogo e riconciliazione. Riunione dei vescovi greco-cattolici in Siria. 15 marzo 2014. «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d\’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Si apre con le parole prese dell\’incipit della Gaudium et spes il documento conclusivo della riunione dell\’assemblea della gerarchia cattolica in Siria, tenutasi mercoledì scorso nella residenza patriarcale di Raboué, in Libano. Nel documento finale i vescovi greco-cattolici chiedono in conclusione a tutti i siriani di «lavorare con ogni mezzo, a livello locale, regionale e internazionale per il cessate-il-fuoco, l\’apertura al dialogo, la riconciliazione e la ricostruzione».

Il racket delle spose per forza. è un prgetto di genocidio della LEGA ARABA sotto egida ONU Bildenberg. Aumentano in Egitto rapimenti e conversioni all\’islam delle giovani cristiane 14 marzo 2014. Negli ultimi tre anni oltre cinquecento ragazze cristiane sono state rapite in Egitto da uomini musulmani e costrette alla conversione e al matrimonio, spesso dopo aver subito violenza. La notizia è stata diffusa nei giorni scorsi dalla fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) che ha rilanciato la denuncia di un\’organizzazione egiziana, l\’Associazione per le vittime di rapimenti e sparizioni forzate (Avaed). Quest\’ultima garantisce alle vittime e alle loro famiglie assistenza medica, psicologica e legale. In Egitto, si sottolinea nel comunicato dell\’Acs, i rapimenti di giovani copte non rappresentano affatto una novità: già durante la presidenza di Anwar el-Sadat (1970-1981) si registrarono diversi episodi, ma dopo la caduta di Hosni Mubarak, all\’inizio del 2011, il numero di casi è aumentato in modo esponenziale. «Prima della rivoluzione sparivano quattro o cinque ragazze al mese, spiega Ebram Louis, fondatore dell\’Avaed, oggi la media è di quindici». Peraltro, è quasi impossibile fornire stime esatte poiché spesso i crimini e gli aggressori non vengono né riferiti né denunciati.

Homes attacked Hostilities Human rights

king Saudi ARabia — se tu fossi Dio, tu distruggeresti un bene solo perché questo bene è relativo? poi, non avreti fatto le creature, perché le creture sono limitate e possono fare soltanto un bene relativo! Quindi tu come Dio sei coerente e intelligente e buono, poi, tu sosterrai ogni progetto buono anche se realtivo.
Quanto può essere grande il tuo amore elevato universale il tuo ideale? Quella è la tua eredità, cioè il tuo livello di comunione con Dio per l\’eternità!
Ecco perché sono nate le regioni, cioè da un sentimento positivo, da una idea di bontà! Quindi Dio darà il paradisso terreste a qualcuno che come te e i testimoni di Geova non riescono a concepire un qualcosa di superiore al paradiso terrestre, poi, esistono i paradisi celesti ed addirittura esiste la natura di divina che è il Trono stesso di Dio.. ma, ovviamente tu andrai all\’inferno, certamente, perché, tu sei un maligno assassino, infatti, tu non hai il carattere di satana, che è il buon senso che gira non sulla LEGGE NATURALE, ma, su un principio dogmatico schizofrenico! .. ed il carattere di Dio è la fiustizia e la bontà! .. quindi Dio ha fatto il mondo, ma voi farisei salafiti, lo volete perfezionare per averci riempito di plastica, e di OGM.

king Saudi ARabia — l\’amore non mi impedisce di uccidere gli assassini, perché il mio amore, per le loro vittime è maggiore! Per i familiari delle vittime innocenti delle mafie Venerdì il Papa incontra «Libera». 15 marzo 2014. Il prossimo 21 marzo Papa Francesco incontra «Libera», la fondazione di don Luigi Ciotti che riunisce oltre 1.500 associazioni e organismi impegnati nella lotta alle mafie e nella promozione della cultura della legalità. L\’appuntamento è per venerdì pomeriggio, alle 17.30, nella chiesa parrocchiale romana di san Gregorio vii, a due passi dal Vaticano. Il Pontefice presiederà la veglia di preghiera dedicata ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, alla vigilia della diciannovesima «Giornata della memoria e dell\’impegno», che si svolgerà poi a Latina, sabato 22. Settecento persone, in rappresentanza di circa quindicimila uomini e donne che hanno perduto un loro caro per mano della violenza mafiosa, accompagnati dai volontari di Libera, parteciperanno all\’incontro con il vescovo di Roma. «Per i familiari delle vittime innocenti delle mafie l\’incontro con Papa Francesco è un dono, ha detto don Ciotti, e la sua disponibilità è segno di un\’attenzione e di una sensibilità che loro hanno colto sin dal primo momento».

Peres Abu Mazen ipocrita, sharia imperialismo, vero partner per pace di Boko Haram nel califfato mondiale .. fino al punto che, se muore un cristiano o un ebreo per lui è meglio, lui non vede i 300 cristiani dhimmi martiri che vengono uccisi ogni giorno! Tutti coloro parlano di Sharia hanno le mani macchiatre di sangue, ed ovviamente styanno complttando contro Israle!
\”Uomo di principi si oppone a violenza e terrore\”
17 marzo, Peres Abu Mazen vero partner per pace TEL AVIV, Abu Mazen e\’ \’\’un vero partner per la pace\’\’. Lo ha detto il presidente israeliano Shimon Peres nel giorno dell\’incontro tra il leader dell\’Anp e Barack Obama a Washington. \’\’Un uomo di principi che si oppone – ha aggiunto Peres – alla violenza e al terrore\’\’.\’\’Siamo – ha proseguito Peres parlando ad un incontro con gli attivisti delle organizzazioni dei diritti – ad un punto molto critico dei negoziati e dobbiamo fare tutto quello in nostro potere per assicurarci che essi continuino\”.

ABUJA. ma per la LEGA ARABA non è grave, anzi è buono che la sharia si afferma nel mondo sotto egida ONU UE USA! I miliziani di Boko Haram hanno attaccato ieri la caserma, militare di Maiduguri, la capitale dello Stato nordorientale di Borno, in Nigeria, liberando decine di estremisti islamici. La notizia è stata riferita da fonti militari locali, le quali hanno sottolineato che quello contro la caserma di Giwa (nota proprio perché vi sono rinchiusi numerosi estremisti islamici) è stato un assalto compiuto con armi pesanti, cui hanno preso parte numerosi guerriglieri. Alcuni testimoni, citati dall\’agenzia Agi, hanno riferito che alcuni dei guerriglieri avevano in particolare grandi quantità di granate che sono state poi lanciate contro la prigione. Prima di arrivare alla caserma, i miliziani hanno attraversato alcuni quartieri della città aprendo il fuoco contro i civili e appiccando il fuoco a diverse abitazioni. Arrivati al penitenziario, i guerriglieri hanno usato l\’esplosivo per penetrare nel compound. Dalla vicina università gli studenti hanno sentito diverse deflagrazioni nonché il continuo crepitare di armi da fuoco. Proprio ieri l\’organizzazione Human Rights Watch aveva lanciato l\’allarme sottolineando che nel 2014 Boko Haram ha già compiuto oltre quaranta attacchi che hanno provocato circa settecento morti. La regione nordorientale della Nigeria è quella più pesantemente colpita, tanto che dal maggio scorso nell\’area è in vigore lo stato d\’emergenza, ovvero da quando le forze armate locali hanno lanciato un\’offensiva su vasta scala per tentare di piegare la resistenza dei miliziani. Si stima poi che a causa delle perduranti violenze circa trecentomila persone abbiano dovuto lasciare le proprie abitazioni. Sempre Human Rights Watch ha chiesto ieri al Governo di Abuja un maggior impegno per dare concreto aiuto a quelle persone che sono più colpite da queste violenze. Nigeria attacco a 3 villaggi, 100 morti. Freddati nel sonno, uccisi a colpi di machete o bruciati vivi. 16 marzo, Nigeria attacco a 3 villaggi, 100 morti (ANSA) – KANO, 16 MAR – Tre villaggi nella Nigeria centrale, sono stati attaccati da una quarantina di uomini armati di fucili e machete che hanno sterminato cento persone. Le autorità locali raccontano di una strage a Angwan Gata, Chenshyi e Angwan Sankwai, nello stato di Kaduna. Molti abitanti sono stati freddati nel sonno dentro le loro case. Alcuni sono stati uccisi a colpi di machete, altri bruciati vivi. Gli assalitori hanno rubato del cibo e appiccato il fuoco ai villaggi. Per ora non ci sono rivendicazioni.

Alla vigilia del referendum sulla Crimea l\’Onu esamina una risoluzione di condanna Lavrov e Kerry divisi sulla crisi ucraina KIEV. Sei ore di discussione ieri a Londra non sono servite al segretario di Stato americano, John Kerry, e al ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, a trovare un accordo per uscire dalla crisi ucraina. E, alla vigilia del referendum in Crimea per l\’annessione alla Russia, i due negoziatori hanno tenuto conferenze stampa separate. Per la consultazione la comunità internazionale minaccia sanzioni, oggi il Consiglio di sicurezza dell\’Onu vota una risoluzione sull\’Ucraina che definisce illegale il referendum in Crimea, mentre già si sta surriscaldando l\’Ucraina orientale oggi si sono avuti altri due morti negli scontri tra nazionalisti e russofoni a Kharkiv. Nell\’incontro con i giornalisti Lavrov ha riferito che i colloqui con Kerry sono stati utili per migliorare la reciproca comprensione ma ha ammesso che non c\’è una visione comune tra Russia e Stati Uniti. Il capo della diplomazia del Cremlino ha inoltre confermato la decisione di Mosca di rispettare il risultato del referendum, che lo stesso Putin, in una telefonata ieri sera con il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha definito «conforme ai principi del diritto internazionale e della Carta dell\’Onu». Lavrov ha anche ammonito che le sanzioni sarebbero controproducenti e ha escluso che Mosca abbia o possa avere piani di invasione del sud-est ucraino, ridimensionando così le dichiarazioni del suo ministero che poche ore prima aveva ribadito «il diritto di intervenire per difendere i propri connazionali». Colloqui franchi e costruttivi anche per Kerry, che tuttavia ha preannunciato sanzioni contro Mosca se si terrà un referendum \”illegittimo\” che la comunità internazionale non riconoscerà. Quanto al leader del Cremlino, «Lavrov ha detto chiaramente che il presidente Putin non prenderà decisioni sull\’Ucraina se non dopo il referendum di domenica», ha riferito Kerry. Anche lui, come Obama, continua comunque a sperare in una soluzione diplomatica della crisi. Ma le sanzioni sono dietro l\’angolo lunedì i ministri degli Esteri della Ue saranno pronti a dare il via libera, mentre la parte politica dell\’accordo di associazione e libero scambio tra Ucraina e Ue sarà firmata il 21 marzo prossimo, nel corso del vertice europeo. Lo ha annunciato oggi il premier ucraino, Arseni Iatseniuk. In un video diffuso dalle televisioni locali, il premier ucraino, rientrato da una missione in Europa e negli Stati Uniti, ha affermato di aver avuto un incontro con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. «Siamo d\’accordo, ha spiegato Iatseniuk, sul fatto che la parte politica dell\’accordo di associazione tra Ucraina e Unione europea debba essere firmata durante il vertice del 21 marzo, la parte economica sarà invece siglata più avanti». La mancata firma dell\’accordo di associazione con l\’Ue a fine novembre ha fatto scoppiare la rivolta antigovernativa che ha portato nel giro di tre mesi alla destituzione dell\’ex presidente ucraino, Viktor Ianukovich. Su alcuni media stranieri girano già i nomi di una trentina di persone dell\’entourage di Putin che potrebbero vedersi congelare beni, conti e visti dirigenti del Cremlino, ministri, capi militari e dei servizi segreti, oligarchi. Putin minaccia risposte simmetriche ma intanto deve fare i conti con l\’altalena della sua Borsa, che a metà giornata aveva perso sino al cinque per cento per i timori di sanzioni (per poi chiudere a -0,89 per cento). I listini, proprio per i timori sull\’Ucraina, sono però in rosso un p0\’ ovunque. Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004. Copia. €1,00 Copia arretrata €2,00 L\’OSSERVATORE ROMANO. GIORNALE QUOTIDIANO. Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIV n. 62 (46.604) Città del Vaticano domenica 16 marzo 2014.nOSTRE INFORMAZIONI

DAMASCO. I ribelli perdono una delle principali roccaforti L\’esercito siriano espugna la città di Yabrud Yabrud, una delle ultime roccaforti dei ribelli nell\’area di Qalamun, al confine con il Libano, è stata espugnata dall\’esercito siriano. Si tratta di una svolta nell\’evoluzione del conflitto gli uomini di Assad stanno guadagnando terreno mentre il fronte della ribellione appare sempre più disgregato, anche se continua a mantenere significative postazioni. «I ribelli, riferisce una fonte militare, sono in fuga verso Rankus e se continua così il completo controllo dell\’area di Yabrud la battaglia intorno a Yabrud sono coinvolti anche i miliziani di Hezbollah, il movimento sciita libanese, membro del Governo di Beirut. E oggi, a tre anni da quello che è considerato l\’inizio \”ufficiale\” del conflitto civile, il 15 marzo 2011, ma in realtà scontri e tensioni erano esplosi anche nel 2010 l\’Onu ha rilanciato l\’appello per una soluzione diplomatica delle ostilità. Il segretario generale dell\’Onu, Ban Ki-moon, ha inviato un messaggio a Stati Uniti e Russia, in quanto parti che hanno dato il via ai negoziati della conferenza di pace detta Ginevra 2, affinché vengano riprese le trattative per stabilire un Governo di transizione in Siria. «Non c\’è alternativa a un dialogo politico» ha detto Ban Ki-moon, parlando ai giornalisti al Palazzo di Vetro. Nel frattempo, la situazione sul campo resta drammatica. Dopo lunghi mesi di terrore per il continuo bombardamento di mortai, gli abitanti di Damasco sono tornati da alcune settimane a una «vita apparentemente normale». In molte zone della capitale, dicono fonti di stampa, si è arrivati a una tregua di fatto. «I beni di prima necessità sono tornati nei mercati anche se è tutto molto caro; si ha meno paura di uscire durante il giorno e il traffico è tornato quasi normale» ha detto un testimone locale all\’agenzia Ansa. Diversa è la situazione ad Aleppo, metropoli del nord, un tempo città più popolosa della Siria e storico crocevia del Medio Oriente. Dal 2012 è divisa in due la parte orientale, solidale con la rivolta e quotidianamente esposta ai bombardamenti aerei del regime, e una sacca occidentale controllata dalle forze del presidente Assad, divisa dal resto di Aleppo da una cortina di posti di blocco.

UCRAINA. La Crimea sceglie la Russia, i sì sono al 95% Obama contro Putin su validità referendum. Premier \’Lunedì chiediamo l\’annessione\’. Oltre un milione di filorussi ha votato per l\’adesione nel referendum. Migliaia in piazza a Sebastopoli per la vittoria dei sì Crimea, festeggiamenti in piazza Crimea, festeggiamenti in piazza. Presidente russo \”Consultazione conforme al diritto internazionale\”. Il 21 marzo il Parlamento russo esaminerà la legge sull\’annessione delle terre straniere. Renzi \’Situazione grave, il diritto internazionale va difeso

BAGHDAD. violenze nella provincia di Al Anbar Iraq senza pace Sangue nel territorio iracheno, che continua a essere ostaggio delle violenze. Ieri diciotto persone sono morte in seguito a un attentato suicida compiuto nella turbolenta provincia di Al Anbar. L\’attentatore, alla guida di una vettura carica di esplosivo, si è fatto saltare in aria nella città di Rawah. Tra le vittime figurano sei soldati. Successivamente si è appreso che due bambini sono morti, e altri quattro sono rimasti feriti, per un colpo di mortaio caduto su un campo di calcio dove stavano giocando il campo di calcio si trova a Ramadi, capoluogo della provincia di Al Anbar. Non si sa chi abbia sparato il colpo di mortaio, ma è da rilevare che in passato simili attacchi diretti contro campi di calcio affollati di giovani sono stati imputati ai guerriglieri Al Qaeda che proprio recentemente sono tornati a colpire la provincia con attacchi e imboscate.

Libia Marina Usa prende controllo tanker nordcoreano. Aveva caricato illegalmente petrolio da ex ribelli 17 marzo, Kim Jong-un Libia Marina Usa prende controllo tanker nordcoreano Le forze Navy Seals della Marina americana hanno preso il controllo della petroliera nordcoreana Morning Glory che trasportava greggio – caricato illegalmente da ex ribelli- di proprietà della compagnia nazionale petrolifera libica. Lo ha reso noto il Pentagono, sottolineando che nessuno è rimasto ferito. Lo riporta il sito della Cnn.

India, soluzione politica per diplomatica. Chiesta agli Stati Uniti per il caso di Devyani Khobragade. 17 marzo, India,soluzione politica per diplomatica NEW DELHI – Il ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid ha chiesto agli Stati Uniti una \’\’soluzione politica\’\’ per il caso, da lui definito \’\’estremamente irritante\’\’, della diplomatica indiana Devyani Khobragade, accusata di aver falsificato documentazione riguardante la sua domestica, incriminata, prosciolta, e sabato nuovamente incriminata. Lo scrive l\’agenzia di stampa Pti.La vice-console indiana e\’ stata arrestata il 12 dicembre a New York con modalita\’ che hanno mandato su tutte le furie il governo indiano.

Tibet 2 immolazioni memoria repressioni Nel Sichuan e nel Qinghai. 17 marzo, Tibet 2 immolazioni memoria repressioni (ANSA) – SHANGHAI, Due monaci tibetani si sono immolati ieri nell\’anniversario di un\’ondata di repressioni da parte delle autorità cinesi. Il primo monaco a perire tra le fiamme è stato Lobsang Palden, 20 anni, del monastero di Kirti, al centro di numerosi episodi di protesta, nella provincia del Sichuan, prefettura tibetana autonoma di Ngaba. Un altro monaco, del quale non si conoscono le generalità, si è invece dato fuoco nella contea di Tsekhog, nella provincia del Qinghai, prefettura tibetana di Malho

Anche Australia cerca aereo sparito. l\’aereo deve essere cercato sulla terra ferma! Sydney responsabile ricerche Oceano Indiano sud 17 marzo, Anche Australia cerca aereo sparito (ANSA) – SYDNEY, 17 MAR – L\’Australia è stata incaricata del controllo delle ricerche nell\’Oceano Indiano meridionale del Boeing 777 delle Malaysian Airlines scomparso da nove giorni, dopo che gli investigatori hanno rivelato che qualcuno ha trasmesso \”buona notte\” dalla cabina di pilotaggio dopo che erano stati spenti i sistemi di tracking dell\’aereo. Lo ha confermato in Parlamento il premier Tony Abbott, precisando che il Paese ha impegnato ulteriori risorse alle operazioni.

Il Cile chiede scusa ai mapuche SANTIAGO. Il governatore della regione cilena meridionale di La Araucanía, Francisco Huenchumilla, una delle autorità locali nominate dalla nuova presidente, Michelle Bachelet, ha chiesto scusa, a nome del
Governo, al popolo indigeno dei mapuche. A La Araucanía, dove abita la stragrande maggioranza dei mapuche, da anni le comunità locali soffrono le conseguenze della massiccia e devastante presenza delle grandi aziende agricole e forestali, a cui si oppongono con atti di boicottaggio, e continuano a reclamare, inascoltate, la restituzione delle loro terre. «Lo Stato ha per oltre 130 anni promosso politiche che non sono riuscite a togliere questa regione dalla povertà» ha dichiarato Huenchumilla alla stampa.

PARIGI. L\’ex capitano della guardia presidenziale rwandese, Pascal Simbikangwa, è stato condannato ieri dalla giustizia francese a 25 anni di reclusione, per le sue responsabilità nel genocidio nel Paese africano. Simbikangwa, 54 anni, dal 1986 costretto su una sedia a rotelle perché paraplegico, è stato riconosciuto colpevole di genocidio e crimini contro l\’umanità. La sentenza è arrivata dopo oltre 12 ore di camera di consiglio, al termine di un processo da molti analisti definito storico, il primo, in Francia, legato al dramma rwandese. Dal 6 aprile del 1994 fino alla metà di luglio dello stesso anno, circa un milione di persone, soprattutto di etnia tutsi, maggioranza del Paese centroafricano, vennero massacrate sistematicamente dalla minoranza hutu, che voleva preservare il proprio potere. Uno dei più sanguinosi, episodi della storia del XX
secolo. L\’accusa aveva chiesto per l\’ex capitano una condanna all\’ergastolo. Simbikangwa è stato descritto dalla Corte d\’assise di Parigi come un «genocida negazionista» accusato, in particolare, di avere armato e fornito istruzioni alle milizie che avevano chiuso la capitale Kigali, dove furono sterminati i tutsi. La difesa ha sempre chiesto il proscioglimento dell\’imputato, denunciando testimonianze fragili e un processo esclusivamente di natura politica.

KHARTOUM. ribelli avanzano nel nord. Combattimenti nel Darfur. Un gruppo ribelle ha annunciato ieri la conquista di una cittadina nel nord del Darfur, poche
ore prima dello scadere di un ultimatum posto dal Governo del Sudan
per il ritiro dall\’area. Lo hanno reso noto fonti di stampa concordanti nel
Paese africano. Secondo il quotidiano «Sudan Tribune», ad annunciare la presa di
Mellit, circa ottanta chilometri a nord del capoluogo regionale di El Fasher,
è stato un portavoce dell\’Esercito di liberazione sudanese, guidato da
Minni Minnawi. Il giornale ha precisato che la cittadina è caduta nelle
mani dei ribelli dopo violenti scontri a fuoco con i militari. Combattimenti
che hanno causato un numero imprecisato di morti e feriti. Poco prima, era scaduto un ultimatum posto dal Governo di Khartoum alle forze di Minnawi perché abbandonino quattro località conquistate nelle ultime settimane sempre nel nord del Darfur. Nella stessa regione operano le milizie di Musa Hilal, già comandante dei famigerati janjaweed (miliziani filogovernativi impegnati nella guerra civile nel Darfur), alleati di Khartoum, entrati ora in rotta di collisione con l\’Esecutivo sudanese. I janjaweed di Hilal sarebbero ora presenti in massa nella zona di Saraf Umra, epicentro di un aspro conflitto tra comunità rivali per il controllo di alcune miniere d\’oro. Secondo fonti delle Nazioni Unite, i violenti combattimenti in corso sia nel nord che nel sud del Darfur hanno costretto in poche settimane circa 50.000 persone a lasciare le loro case e a fuggire.

BANGUI
, 15. La Francia ha dichiarato ieri che l\’operazione militare
dell\’Unione europea prevista per
la prossima settimana nella Repubblica Centroafricana «non
avrà luogo per la mancanza di
soldati». Il ministro degli Esteri,
Laurent Fabius, e quello della Difesa, Jean-Yves Le Drian, hanno
sottolineato che se non si farà uno
sforzo supplementare l\’op erazione,
che viene ritenuta «indispensabile», non potrà essere condotta.
L\’Unione europea si era infatti
impegnata il mese scorso a inviare
a Bangui fra i cento e i mille soldati per aiutare le truppe francesi
sul territorio. Tuttavia le trattative
sembrano ancora in corso senza
che si intraveda la possibilità di
una decisione concreta. il capo della diplomazia francese ha affermato al riguardo che l\’Unione europea «deve ora assumersi le sue
responsabilità». La situazione nella Repubblica Centroafricana è
del resto molto critica. Il Paese è
lacerato dai continui scontri fra i
ribelli musulmani Seleka e le milizie anti-Balaka. Si stima che
nell\’arco dell\’ultimo anno siano
state uccise migliaia di persone e
che circa un quarto della popolazione sia stata costretta a fuggire
per sottrarsi alle sanguinose violenze. Intanto l\’Onu ha denuncia-
to che la maggior parte dei rifugiati della Repubblica Centroafricana rischiano di morire. Molti di
questi rifugiati si trovano in Camerun

CARACAS  presidente Maduro respinge le condizioni dell\’opposizione per il dialogo. Non si fermano le proteste in Venezuela. Gli studenti antichavisti hanno convocato una nuova manifestazione domani a Caracas e in altre città del Venezuela per protestare contro \”la repressione brutale\” delle mobilitazioni che si susseguono da oltre un mese. Le proteste hanno l\’appoggio dell\’opp osizione,
con la quale hanno fissato una serie di condizioni per partecipare alla
conferenza per la pace lanciata dal presidente, Nicolás Maduro. «Domenica tutti in piazza per dire no alla violenza, alla repressione, all\’ingerenza cubana dobbiamo unirci a questo grande movimento popolare lanciato dagli studenti», ha dichiarato la deputata antichavista María Corina Machado, secondo la quale la «repressione senza precedenti» delle proteste «ha fatto cadere la maschera democratica di questo regime». Da parte sua, l\’ex candidato presidenziale antichavista Henrique Capriles ha spiegato che la coalizione di opposizione (Mud) ha posto una serie di condizioni per accettare di partecipare al dialogo con il Governo. La prima condizione posta del Mud è la liberazione di Leopoldo López, dirigente del partito Volontà Popolare attualmente rinchiuso in un carcere militare, accusato di associazione per delinquere e istigazione della violenza di piazza. Ma immediata è stata la risposta del presidente Maduro che è stato chiaro «Non accetto condizioni da loro e da nessuno, se vogliono anche loro la pace che vengano a parlare». Il capo dello Stato venezuelano è poi tornato ad affermare che la serie di proteste che si susseguono nel suo Paese da oltre un mese nascondono in realtà un tentativo di colpo di Stato, sottolineando che «è evidente che gli Stati Uniti hanno assunto apertamente la leadership dell\’abbattimento del Governo del Venezuela». L\’Amministrazione statunitense «in questo momento è ostaggio delle politiche delle lobby dei repubblicani e della destra di Miami», ha detto Maduro in una conferenza stampa, secondo il quale l\’obbiettivo delle manifestazioni antichaviste è la destabilizzazione del Paese per favorire un intervento militare degli Stati Uniti. L\’erede di Chávez ha dichiarato che «tutti casi di persone morte, assassinate» durante le proteste antichaviste nel suo Paese «sono imputabili alla violenza delle barricate erette dai manifestanti sulla via pubblica». In questa difficile crisi, dove, dall\’inizio di febbraio, durante le manifestazioni antigovernative a Caracas e in altre città, si sono registrati almeno 28 morti, il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, si è detto ieri disponibile a svolgere un ruolo di mediatore nel confinante Venezuela.

Sei soldati uccisi in un attacco a nord del Cairo, IL CAIRO. se non condannano la Sharia, come pensano di poter fermare il terrorismo? Sei militari egiziani
sono stati uccisi da uomini armati a un posto di blocco nella zona di Shubra Al Khayma, alla periferia nord del Cairo. I militanti hanno anche piazzato sul posto dell\’agguato due ordigni che sono stati disinnescati. Due giorni fa un soldato era stato ucciso in un attacco contro un autobus dell\’esercito nella parte orientale della capitale egiziana. Il portavoce delle forze armate
egiziane, Ahmed Mohamed Ali, ha accusato, sulla sua pagina Facebook, «un gruppo armato dei Fratelli musulmani» di essere l\’autore dell\’attentato avvenuto questa
mattina a un posto di blocco nella regione del Delta del Nilo, a nord del Cairo. Quest\’ultimo episodio di violenza si aggiunge ai nuovi scontri tra sostenitori dei Fratelli musulmani e forze dell\’ordine esplosi ieri in diverse città del Paese provocando almeno due morti e decine di feriti. Numerosi anche gli arresti fra i sostenitori dell\’ex presidente, Mohammed Mursi, che giovedì avevano indetto una nuova settimana di proteste contro le autorità militari che hanno messo al bando la fratellanza. Gli scontri stanno dunque insanguinando le strade mentre il Paese attende che la Commissione elettorale comunichi la data delle prossime elezioni presidenziali e fissi i termini per presentare le candidature. In un\’intervista al quotidiano «Al Ahram» il presidente egiziano ad interim, Adly Mansour, si è detto però ieri «ottimista» sul futuro dell\’Egitto sostenendo che «gli ostacoli saranno sup erati». Ma le manifestazioni non si fermano anche se il quotidiano «Al Ahram» ha parlato di incidenti limitati e isolati al Cairo e ad Alessandria

NEW YORK. i mostri dell\’Islam, la distruzione della civiltà. Onu estende di un anno la missione Unsmil Tripoli resta instabile. In una Libia ancora
instabile e in balia dei gruppi armati, il Consiglio di Sicurezza dell\’Onu ha approvato all\’unanimità una risoluzione che estende di un anno il mandato della missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil). I caschi blu rimarranno sul territorio fino al 13 marzo 2015. Il documento approvato sostiene la creazione tempestiva di un dialogo nazionale inclusivo in Libia, e del processo di stesura della Costituzione. Inoltre, si ribadisce la necessità che il processo di transizione sia sostenuto dall\’impegno a rispettare lo stato di diritto, la riconciliazione nazionale, i diritti umani e le libertà fondamentali di tutte le persone nel Paese, e si invita il Governo libico a promuovere e tutelare i diritti fondamentali della popolazione rispettando gli obblighi derivanti dal diritto internazionale. Intanto, l\’ambasciatore libico al Cairo, Fayez Gibril, ha informato l\’assistente del ministro degli Esteri egiziani per gli affari consolari, l\’ambasciatore Ali El Ashiri, che decine di egiziani sono stati arrestati ieri in Libia per controlli. Ashiri ha aggiunto che i cittadini egiziani fermati stanno bene e che il ministero del Cairo sta intensificando tutti gli sforzi per la loro liberazione

ISLAMABAD. Sangue a Peshawar e a Quetta, Pakistan ostaggio delle violenze. Il Pakistan continua a essere segnato dalle violenze mentre le autorità di Islamabad sono impegnate, da giorni, in negoziati con una delegazione di miliziani nel tentativo di uscire dalla crisi. Il futuro del Paese si gioca su
questo doppio fronte da un lato la controffensiva delle forze di Islamabad per cercare di arginare gli attacchi talebani, dall\’altro l\’azione diplomatica per trovare una soluzione negoziata a una situazione che rischia di degenerare con il passare del tempo. In questo contesto pesa, e molto, l\’inaffidabilità dell\’interlocutore i talebani nello stesso tempo compiono attacchi e si siedono, sia pure dopo laboriose trattative, al tavolo delle trattative, E anche ieri si sono registrate violenze. Un attentatore suicida si è fatto saltare in aria a Peshawar, provocando la morte di nove persone circa quaranta i feriti. L\’attentatore si è lanciato contro un convoglio di forze di sicurezza, hanno riferito fonti locali. Sangue anche nella città di Quetta. Una bicicletta imbottita con dieci chilogrammi di esplosivo è deflagrata uccidendo dieci persone e ferendone trentuno. A fronte di questi continui attacchi, il primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, ha ribadito che gli sforzi diretti a favorire il dialogo con i talebani non devono venire meno il premier si dice infatti consapevole che il processo di riconciliazione nel territorio avrebbe fiato corto se non coinvolgesse in modo attivo l\’elemento talebano. Nello stesso tempo la linea politica di Sharif poggia sulla convinzione che per rilanciare il ruolo del Pakistan come interlocutore affidabile e credibile in politica estera è
necessario che il Paese dimostri di essere in grado di gestire in modo
efficace la presenza talebana. Per quanto concerne l\’Afghanistan, si segnala l\’impegno dell\’Italia per la causa del Paese anche, dopo il 2014, ovvero quando sarà stato completato il ritiro del contingente internazionale. Tale impegno è stato ribadito ieri dall\’ambasciatore d\’Italia in Afghanistan, Luciano Pezzotti, durante un incontro con il governatore della provincia occidentale di Herat, Sayed Fazlollah Wahedi. Il diplomatico ha confermato che l\’Italia continuerà la sua assistenza alla popolazione e alle istituzioni anche dopo la fine della missione della Nato nel Paese. Dal canto suo il governatore della provincia di Herat ha espresso grande apprezzamento per l\’opera svolta dai militari italiani.

Il Boeing malese e l\’ipotesi del dirottamento KUALA LUMPUR. La Malaysia ha sospeso le operazioni di ricerca del Boeing 777-200 della Malaysia Airlines, scomparso (con 239 persone a bordo, fra cui 151 cinesi) dai radar otto
giorni fa, due ore dopo la partenza da Kuala Lumpur alla volta di Pechino. Ad annunciare la fine delle operazioni è stato oggi il premier Najib Razak, che ha dichiarato «Mettiamo fine alle nostre operazioni nel Mar Cinese Meridionale e riesaminiamo il dispiegamento delle nostre forze». Intanto si affollano le ipotesi circa il destino dell\’aereo una ridda di teorie che non fanno che infittire un mistero creatosi subito dopo la scomparsa del Boeing. Citati
dal «Times», in un articolo in prima pagina nei giorni scorsi,
alcuni esperti hanno ammesso di non sapersi spiegare come
mai un aereo dotato della più avanzata tecnologia «sia riuscito» a fare perdere ogni traccia di sé. Autorità malesi, citate dalle
agenzie internazionali, hanno detto che sta prendendo corpo
l\’ipotesi del dirottamento. Hanno quindi aggiunto che l\’aereo (questa notizia era stata smentita in un primo momento)
avrebbe continuato a volare per circa sei ore dopo essere scomparso dai segnali radar. Questa mattina il premier della Malaysia, durante una conferenza
stampa, oltre a ribadire l\’ipotesi del dirottamento, ha tenuto a precisare che anche altre possibilità restano aperte. Al riguardo ha dichiarato «Malgrado le notizie di stampa secondo cui l\’aereo sarebbe stato dirottato, voglio essere molto chiaro sul fatto che stiamo ancora indagando su ogni possibilità per
stabilire che cosa sia stato a fare deviare il volo dalla sua rotta
originaria»

In Pakistan nuovo processo. per Asia Bibi LAHORE. Con un\’udienza davanti all\’Alta corte di Lahore, il secondo grado di giudizio, lunedì 17 marzo si riaprirà il processo ad Asia Bibi, donna pakistana e madre di cinque figli, cristiana protestante, arrestata il 19 giugno 2009 e condannata a morte l\’11 novembre 2010 da un tribunale di primo grado in base
alla legge sulla blasfemia. Un\’udienza sul caso era stata
programmata nel febbraio scorso, ma era stata poi rinviata. La
donna, che si è sempre dichiarata innocente e che si trova attualmente nel carcere di Multan (in Punjab), non sarà presente
all\’udienza per motivi di sicurezza, secondo quanto riferisce Fides. L\’avvocato cristiano Naeem Shakir, nota personalità nel campo della difesa dei diritti umani, premiato dal Governo pakistano nel 2012 con lo Human Rights Defender Award, afferma di essere «fiducioso sull\’andamento del processo e sulla liberazione della donna». Il caso di Asia Bibi ha avviato nel Paese un dibattito per la modifica della legge
sulla blasfemia.

Venticinquemila copie in due settimane. L\’«Evangelii gaudium»
best seller in Corea DAEJEON. L\’annuncio della visita pastorale di Papa Francesco in Corea del Sud (14-18 agosto) ha suscitato grande interesse anche da parte dei coreani non cristiani, che hanno scelto l\’Evangelii gaudium come\”strumento\” per comprendere meglio il Pontefice e la Chiesa cattolica. La pubblicazione della prima esortazione apostolica di Papa Francesco in coreano, riferisce AsiaNews, è avvenuta due settimane fa da allora ha venduto venticinquemila copie. Un vero record considerato il fatto che solitamente, spiegano fonti locali, le vendite di documenti papali non superano i quattromila esemplari. «I cristiani, cattolici ma anche protestanti e anglicani, sono venuti in massa per comprare il libro. Anche i non cristiani hanno iniziato a leggerlo», spiega una suora che lavora in una libreria cattolica. L\’annuncio della visita di Francesco in Corea «ha fatto impennare le vendite». L\’esortazione è vista «come una lettera che parla di cose attuali e spiega con un linguaggio normale come vivere bene». Secondo il giornale cattolico «Hankook», diversi sono i fattori che spiegano il successo editoriale
della Evangelii gaudium. Da una parte c\’è il linguaggio semplice e amichevole del Papa, dall\’altra la forte critica alla disuguaglianza sociale, tema molto sentito nel Paese. In Corea del Sud, spiega il giornale, «questa disuguaglianza si sente non solo dal punto di vista economico, ma anche e soprattutto dal punto di vista spirituale». Per approfondire il testo, l\’università Seo-kang a Seoul, gestita dai gesuiti, ha organizzato un simposio dal tema «L\’Evangelii gaudium e la Chiesa di Corea». All\’evento hanno preso parte, tra gli altri, il vescovo di Cheju e presidente della Conferenza episcopale coreana, Peter Kang U-il, padre Park Dongho, presidente della commissione giustizia e pace dell\’arcidio cesi di Seoul, e padre gesuita Park Sanghoon. Nel frattempo la Chiesa in Corea ha istituito una speciale commissione, formata da vescovi, religiosi e laici, responsabile dell\’organizzazione della visita di Papa Francesco e con il compito di curarne tutti gli aspetti, da quelli spirituali a quelli logistici. Per l\’evento, riferisce Fides, la Chiesa sta ricevendo il pieno supporto dal Governo che con un apposito comitato sta collaborando e aiutando la commissione ecclesiale. Sono due i momenti più attesi del viaggio del Papa il primo è l\’Asian Youth Day, che sta registrando un boom di adesioni (la giornata, che si terrà a Daejeon dal 10 al 17 agosto, accoglierà giovani di ventinove Paesi); il secondo, la beatificazione dei martiri coreani.

Monsignor Galantino ai funerali del prete ucciso in Calabria Segno di una Chiesa profetica. io non aiuto i preti, e le persone della religione, di ogni religione.. perché sono loro che devono aiutare gli altri.. però, quando sono perseguitati e martirizzati devono essere valorizzati! COSENZA. «Il martirio di padre Lazzaro ci dice che nella Chiesa, almeno in alcuni suoi membri, non necessariamente in vista e da copertina, l\’amore per Cristo e per il Vangelo è capace di provocare gesti significativi di accoglienza ed è capace di essere davvero una Chiesa profetica». Lo ha detto questa mattina il vescovo di Cassano all\’Jonio, Nunzio Galantino,
segretario generale ad interim della Conferenza episcopale italiana, durante i funerali di padre Lazzaro Longobardi, il religioso ucciso a colpi di spranga la sera del 2 marzo scorso a Sibari. Per monsignor Galantino, riferisce il Sir, il «martirio di padre Lazzaro è un dono ma è anche un compito per la nostra Chiesa. Un dono che il Signore ci ha fatto attraverso una persona della quale forse qualcuno di noi, anche sacerdoti, non conosceva nemmeno il timbro della voce, tanto padre Lazzaro era riservato». La sua morte dice che «la nostra Chiesa e il nostro territorio hanno le energie necessarie e possono contare su una religiosità straordinaria, capaci di ridare vita e di far germogliare speranza. Abbiamo solo bisogno di lasciare più spazio allo Spirito di Dio e meno spazio alla nostra pigrizia; abbiamo bisogno di lasciare più spazio all\’intraprendenza della Parola di Dio

In dialogo con le religioni tradizionali africane. Il viaggio del cardinale Tauran in Benin. 15 marzo 2014. Vedere, ascoltare, capire e incoraggiare. Sono queste le quattro motivazioni principali della visita che il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha compiuto nella Repubblica del Benin dal 2 al 5 marzo. Nei quattro giorni trascorsi nel Paese africano il porporato ha potuto constatare le numerose dimostrazioni di buona volontà da parte dei vescovi e delle autorità governative, ma anche dei rappresentanti delle diverse religioni, in particolare da parte degli adepti del vudu e dei musulmani.
I presuli beninesi, in particolare, hanno tenuto a condividere con il cardinale il loro impegno pastorale tra quanti seguono la religione tradizionale e quanti si sono convertiti al cristianesimo. Da parte loro, il presidente della Repubblica e i suoi ministri gli hanno riferito le loro preoccupazioni e i loro sforzi per promuovere l\’armonia e l\’integrazione nazionale nel quadro della presenza delle diverse credenze religiose e delle componenti della società beninese. Il cardinale ha ascoltato attentamente i praticanti vudu e i musulmani, che gli hanno parlato anche delle loro difficoltà nella promozione di un\’armonia interreligiosa. Proprio per comprendere meglio la realtà religiosa, sociale e culturale del Benin, il porporato ha incontrato i professori e i formatori dei seminari maggiori del Paese, i quali hanno cercato di spiegare la religione vudu per identificare il «vero» e il «santo» (cfr Nostra aetate, n. 2) presenti nella religione tradizionale africana, e anche il difficile compito di promuovere l\’inculturazione. Il cardinale Tauran ha potuto constatare gli effetti positivi della pace e dell\’armonia che regnano nel Paese. E ha indicato con quattro parole gli atteggiamenti che devono presiedere i rapporti tra le religioni rispettare, sapere, amare, capire. La visita alla Porta della salvezza e alla basilica dell\’Immacolata Concezione, così come quella al luogo di sepoltura dei primi missionari e alla tomba del cardinale Gantin, è stata un\’importante occasione per rendere omaggio a quanti hanno trasmesso la fede cattolica in Benin. Durante la celebrazione della messa del mercoledì delle Ceneri nel seminario di San Gallo a Ouidah, il porporato ha incoraggiato i seminaristi a capire la natura della loro vocazione al sacerdozio, e di conseguenza l\’importanza fondamentale della loro formazione nel seminario. Il presidente del dicastero ha anche incontrato alcuni rappresentanti della Commissione per il dialogo interreligioso delle Conferenze episcopali dei Paesi dell\’Africa occidentale e ha ascoltato i resoconti delle attività interreligiose in Benin, in Costa d\’Avorio, in Guinea, in Senegal e nel Togo. È stata l\’occasione per ringraziare coloro che in quei Paesi si fanno promotori del dialogo. La visita ha così acquisito grande valore nel quadro della promozione del dialogo con la religione tradizionale africana. Il vudu è, in questo Paese, la migliore espressione strutturata della religione tradizionale africana. È profondamente radicato, correttamente identificato e ha numerosi adepti. Si è inoltre diffuso a livello internazionale, al di là delle coste africane, nella regione dei Caraibi, in particolare ad Haiti e nei Paesi vicini. Per questi motivi, la Chiesa, nello spirito del concilio Vaticano ii, non deve trascurare i rapporti con i praticanti vudu.
In questa prospettiva, il Pontificio Consiglio potrebbe in futuro incoraggiare un programma di collaborazione tra le Conferenze episcopali del Benin e di Haiti, per approfondire la conoscenza del vudu e trarre profitto dai valori spirituali profondi di questa religione nella prospettiva di un\’inculturazione cristiana.
Chidi Denis Isizoh Officiale del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.

Obama rivede le politiche migratorie. Annunciate nuove norme in tema di espulsioni e di regolarizzazione. coloro che sono sfuggiti ai commerciati di organi umani, meritano di vivere! 15 marzo 2014. Basta con le espulsioni di massa, basta con i trattamenti disumani, basta con le drammatiche separazioni dei figli di immigrati irregolari dai loro genitori. La Casa Bianca annuncia nuove regole sull\’immigrazione. Al termine di un incontro, ieri, alla Casa Bianca con i leader del Congressional Hispanic Caucus (il gruppo che riunisce i parlamentari statunitensi di origine ispanica), il presidente Barack Obama ha parlato di una «forte revisione» delle pratiche seguite sinora dalla sua Amministrazione, considerata una delle più dure in tema di espulsioni. Da tempo sono in molti a sottolineare le inefficienze del sistema migratorio statunitense. Un sistema, dicono i media internazionali, che spesso è stato oggetto di critiche, in particolare sul trattamento dei ragazzi giunti negli Stati Uniti attraverso canali irregolari, e oggi integrati, o sulle espulsioni. Obama ha chiesto ai suoi tecnici del Homeland Security Department di studiare, riferisce il comunicato della Casa Bianca, una sorta di revisione delle circolari che regolano il fenomeno migratorio per cercare di apportare qualche miglioria.

Meglio tardi che mai. Fmi scopre i rischi dell\’austerity. 14 marzo 2014. L\’austerity imposta da molti Governi per fare fronte alla crisi finanziaria sta inevitabilmente aumentando le diseguaglianze sociali. È dunque ora che si cominci a disegnare le misure di aggiustamento dei bilanci in maniera che non continuino a colpire solo o prevalentemente le classi più deboli. Una donna rovista tra i rifiuti ad Atene È un campanello d\’allarme chiaro, e anche un appello ai Governi ancora alle prese con problemi di finanze pubbliche, quello che il Fondo monetario internazionale ha lanciato ieri in un rapporto sulle diseguaglianze. Sottolineando come un eccessivo rigore che aumenti le disparità di reddito rischia non solo di aumentare le tensioni sociali, ma anche di tramutarsi in un boomerang a danno della crescita dell\’economia. Nella loro analisi gli esperti del Fondo fanno dunque il punto sulle politiche di rigore adottate un po\’ ovunque in Europa e oltreoceano. Politiche che a dire il vero lo stesso Fondo monetario ha, nel corso degli ultimi anni, sostenuto e condiviso. E ha anche imposto ad alcuni Paesi in gravi difficoltà finanziarie, come il Portogallo o la Grecia, dove manifestazioni popolari contro gli organismi internazionali sono all\’ordine del giorno. Visti i seri rischi connessi alle politiche di austerity, sembrano suggerire gli esperti dell\’Fmi, un ripensamento si impone

Solidarietà dialogo e riconciliazione. Riunione dei vescovi greco-cattolici in Siria. 15 marzo 2014. «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d\’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Si apre con le parole prese dell\’incipit della Gaudium et spes il documento conclusivo della riunione dell\’assemblea della gerarchia cattolica in Siria, tenutasi mercoledì scorso nella residenza patriarcale di Raboué, in Libano. Nel documento finale i vescovi greco-cattolici chiedono in conclusione a tutti i siriani di «lavorare con ogni mezzo, a livello locale, regionale e internazionale per il cessate-il-fuoco, l\’apertura al dialogo, la riconciliazione e la ricostruzione».

Il racket delle spose per forza. è un prgetto di genocidio della LEGA ARABA sotto egida ONU Bildenberg. Aumentano in Egitto rapimenti e conversioni all\’islam delle giovani cristiane 14 marzo 2014. Negli ultimi tre anni oltre cinquecento ragazze cristiane sono state rapite in Egitto da uomini musulmani e costrette alla conversione e al matrimonio, spesso dopo aver subito violenza. La notizia è stata diffusa nei giorni scorsi dalla fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) che ha rilanciato la denuncia di un\’organizzazione egiziana, l\’Associazione per le vittime di rapimenti e sparizioni forzate (Avaed). Quest\’ultima garantisce alle vittime e alle loro famiglie assistenza medica, psicologica e legale. In Egitto, si sottolinea nel comunicato dell\’Acs, i rapimenti di giovani copte non rappresentano affatto una novità già durante la presidenza di Anwar el-Sadat (1970-1981) si registrarono diversi episodi, ma dopo la caduta di Hosni Mubarak, all\’inizio del 2011, il numero di casi è aumentato in modo esponenziale. «Prima della rivoluzione sparivano quattro o cinque ragazze al mese, spiega Ebram Louis, fondatore dell\’Avaed, oggi la media è di quindici». Peraltro, è quasi impossibile fornire stime esatte poiché spesso i crimini e gli aggressori non vengono né riferiti né denunciati.